venerdì 24 settembre 2021
A Firenze la terza edizione della kermesse su un nuovo modello di economia sostenibile e generativo. Dibattito con il ministro Orlando sulle classifiche di Avvenire: "Serve un Patto sociale largo"
Il dibattito con il ministro Andrea Orlando (al centro) al Festival dell'Economia civile a Firenze

Il dibattito con il ministro Andrea Orlando (al centro) al Festival dell'Economia civile a Firenze - Festival Economia civile

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Che cos’è l’"economia civile"? Per capirlo forse è più facile partire da cosa non è: la vicenda della Gkn. Quattrocento lavoratori licenziati con un’e-mail, i gestori di un fondo d’investimento che non si confrontano preventivamente con i sindacati, una fabbrica in attività che viene chiusa per essere riaperta in un altro Stato della Ue a fronte di nuovi incentivi pubblici e un dumping salariale. Quel che accade a Campi Bisenzio, a pochi chilometri da Firenze dove si è aperta la terza edizione del Festival Nazionale dell’Economia Civile (Fnec) è l’emblema in negativo di un sistema economico vecchio, in cui la finanza è fine a se stessa e non al servizio del lavoro, l’imprenditore non ha volto né un vero insediamento. Dove una comunità non c’è o comunque non viene considerata.

L’economia civile è invece l’esatto contrario. Il «doloroso» caso Gkn lo evoca subito il sindaco Dario Nardella, sottolineando la «necessità di una svolta etica, di un nuovo pensiero». E come un filo rosso torna nelle valutazioni del presidente di Federcasse Augusto dell’Erba contro «il Roe (il ritorno sull’investimento azionario) come unico metro dell’impresa» e del presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, per il quale «il 6% di aumento del Pil sarà positivo, avrà senso solo se si tradurrà in più occupazione e crescita sociale». È proprio la ricerca di senso il tema dell’edizione 2021 del Fnec.

«L’economia civile è anzitutto questo: ricerca di senso – spiega il direttore del Festival Leonardo Becchetti –. È generatività, cioè la capacità di incidere sulla vita degli altri, è attivazione, partecipazione, costruzione di un modello a quattro mani, in cui accanto a Stato e mercato agiscono imprese responsabili e cittadini attivi per promuovere il lavoro di qualità, la sostenibilità ambientale, in definitiva una maggiore soddisfazione di vita e felicità». Un sistema economico che riesca a valorizzare «tutti i 5 beni che abbiamo: pubblici, privati, posizionali, comuni e relazionali», come ha spiegato Stefano Zamagni, presidente della Pontifica Accademia delle scienze sociali.

Un nuovo modello economico che da tre anni si traduce anche in un filone di ricerca tra Scuola di Economia Civile e "Avvenire", con il sostegno di Federcasse. Per misurare, attraverso le due classifiche presentate ieri al Festival (e pubblicate nel nostro inserto "L’economia civile") il Benvivere e la Generatività in atto nelle province italiane. Con il Sud che accorcia le distanze dal Nord ma in buona parte per gli effetti maggiormente negativi della prima ondata del Covid sulla Pianura Padana, e una generatività a macchia di leopardo nel Paese ma che – nuovo ambito di studio quest’anno – è direttamente legata al grado di resilienza.

In parole povere: oltre alle condizioni strutturali, a permettere ai territori una migliore ripresa dagli choc economici è la capacità dei cittadini di attivarsi, di creare reti sociali, di mutare gli stili di vita, di essere appunto "generativi". La ricerca di senso determina quindi da un lato migliore soddisfazione di vita e felicità, dall’altro maggiore resistenza e capacità di cambiamento.

Classifiche e ricerche, quelle di Sec-Avvenire, che sono state occasione per dibattere con la presidente di Banca Etica, Anna Fasano, di finanza responsabile; con Sergio Gatti, direttore di Federcasse, di come le Banche di credito cooperativo possano accompagnare e finanziare la trasformazione dell’economia e del lavoro; con Linda Laura Sabbadini, dirigente Istat, su come "guarire" le tante ferite lasciate dalla pandemia in bambini, giovani, adulti e anziani. E in particolare con il ministro del Lavoro Andrea Orlando che ha stigmatizzato il caso Gkn ma ancora non scopre le carte sui contenuti della norma contro le delocalizzazioni: «Sul decreto è in corso una fase di interlocuzione tra noi e il ministero dello Sviluppo economico», si limita a dire. Così come sulla riforma degli ammortizzatori «il lavoro è concluso, non siamo in ritardo ma in attesa delle valutazioni del Mise».

Piuttosto, è il pensiero del ministro Pd, questo è sì il momento di un nuovo Patto sociale «ma deve essere "largo", non contro qualcuno, tenendo dentro, oltre alla forze politiche anche le nuove rappresentanze del sociale e dei giovani». Il ministro ha quindi ricordato il Piano Gol per favorire l’occupabilità di Neet e disoccupati, per il quale il governo metterà in campo 4,9 miliardi di euro. Sottolineando, però, che accanto a nuove politiche attive del lavoro occorre anche una nuova politica industriale: «Dalle classifiche di Avvenire – ha detto – si evince come molti territori del Sud che hanno subìto una deindustrializzazione rischino oggi di diventare un deserto abbandonato».

Successivamente – durante un confronto con la Cgil a Bologna – Orlando si è detto favorevole anche all’introduzione del salario minimo, «legato però alla rappresentanza per non sfasciare la contrattazione» e alla revisione (non certo cancellazione) del Reddito di cittadinanza. Un’agenda fitta, quella che attende il Governo, per inaugurare una stagione di «maggiore inclusione ed evitare che l’autunno più che "caldo" diventi soprattutto "triste"».

Le testimonianze e le esperienze di economia civile che il Festival proporrà qui a Firenze fino a domenica sono altrettante piste per imboccare la strada di un modello diverso, un’economia a misura d’uomo.


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