martedì 10 maggio 2016
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Apoco più di un mese dal Forum economico internazionale di San Pietroburgo (16-17-18 giugno), che quest’anno vedrà l’Italia Paese ospite d’onore, Avvenire ha incontrato Vincenzo Trani, vice presidente della Camera di commercio italo-russa, Console onorario della Bielorussia in Italia, profondo conoscitore dello scenario economico-politico russo. Qual è la situazione per chi lavora sul campo? (Trani è Ad di Concern General Invest, società specializzata nel supporto a clienti privati e istituzionali che desiderano investire sul mercato russo, ndr). Rispetto al bimestre critico novembre-dicembre 2014, è più rilassata. Essendo rimasti mentre altri operatori sceglievano di abbattere i volumi o anche di andare via, abbiamo approfittato di nicchie di mercato importanti. Si parla molto di Made with. Le sanzioni economiche (volute dalla comunità internazionale come 'punizione' contro Mosca per la vicenda ucraina), dunque, hanno imposto un cambio di strategia produttiva? Già dal 2000, Putin ha inaugurato un programma di supporto alla pratica della Import substitution: stimolare le aziende estere a produrre in Russia conservando le caratteristiche di eccellenza. Fare insieme, appunto, piuttosto del 'Fatto in'. L’aumento significativo della popolazione al di sotto della soglia di povertà, tuttavia, tradisce un disagio. La soglia di povertà, in un Paese di 150 milioni di abitanti, coinvolgeva già milioni di persone prima della crisi economica odierna, ma assistiamo a una distribuzione migliore delle ricchezze rispetto al passato. Il sistema della tassazione e quello degli investimenti sono migliorati. La stabilità economica è garantita. E la classe media russa in dieci anni è cresciuta di quattro volte. Ora la vera sfida è la diversificazione economica. Sull’Ucraina, qual è la sua percezione? La situazione pare consolidata, come avvenuto anche in Transnistria. Kiev e Mosca si parlano e scambiano senza intoppi prigionieri. Purtroppo la storia ha dimostrato che i leader della Rivoluzione ucraina erano coinvolti in macchinazioni internazionali di tipo finanziario, basta vedere le indagini in corso su Yatsenyuk, uomo cresciuto in ambito statunitense (premier ucraino fino allo scorso 14 aprile, ndr) -. Ora in Italia non si parla neanche più di Ucraina e in Russia si è cercato di raggiungere a tutti i costi la pace. La pace, dunque, come medicina per un corpo economico debilitato? Sì, negli ultimi dieci anni ci sono stati conflitti grandi e continui che non ci hanno permesso di crescere. Ciò dimostra a tutti che non c’è niente di più prezioso della pace. L’Ue ha bisogno della Russia e viceversa per crescere. Guardando al voto presidenziale americano, qual è il candidato in grado di tendere la mano a Putin, una volta eletto? Io sono pessimista sulla classe politica internazionale e su quella americana pure. Forse, Donald Trump è quello meno anti-russo, ma non è certo un uomo di pace. D’altronde non è stato l’uomo della mano tesa neanche Barack Obama. E la classe politica italiana di oggi? Io faccio riferimento all’Italia della Prima Repubblica, che con una Guerra fredda in corso ha saputo mantenere un equilibrio e relazioni fruttuose con entrambe le parti. Comunque, il premier Matteo Renzi ha saputo comprendere il valore dell’alleanza con Mosca, anche se non è riuscito a convincere gli altri Paesi Ue. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Vincenzo Trani
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