venerdì 22 aprile 2016
​L'esperto di previdenza: abbassare l’età è costoso e pericoloso, serve un intervento diverso. Per i ragazzi un nuovo sistema a tre pilastri con aliquota ridotta al 25% e un minimo garantito dal fisco. L'Inps: crollo delle nuove pensioni
Riforma pensioni, Cazzola: va fatta per i giovani
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«A umentare la flessibilità in uscita 'ammorbidendo' la riforma Fornero? È lecito proporlo, ma sarebbe un’operazione costosa, pericolosa perché ci esporrebbe ai rilievi della commissione europea e soprattutto rivolta ancora una volta al passato, non a favore dei giovani». Per Giuliano Cazzola, esperto di previdenza, prima sindacalista poi deputato, l’idea di ritoccare l’età pensionabile non è la priorità: «Meglio allora pensare a una riforma strutturale puntata sui nuovi occupati, a favore di quei ragazzi che hanno un presente difficile e un futuro ancora più incerto». Difficile negare, però, che per i lavori più usuranti i nuovi requisiti siano particolarmente penalizzanti: lavorare a 67 anni su una impalcatura... Questo è un nodo reale. La legge sui lavori usuranti che dal 2011 permetteva di andare in pensione con tre anni di anticipo non ha funzionato. Troppo difficile documentare la richiesta, tanto che nel primo anno sono state accolte solo 3mila domande su 11mila presentate e poi nessuna più. Così lo Stato ha risparmiato 1,4 miliardi di euro, che poi il governo Renzi ha utilizzato per finanziare i bonus e altre poste di bilancio. Nuove norme più funzionali e ben mirate sono certamente auspicabili. L’altro nodo è quello dell’età pensionabile: non sta crescendo a ritmi troppo sostenuti? Sì e dall’anno prossimo l’adeguamento all’aumento dell’aspettativa di vita avverrà ogni due anni e non ogni tre. Si potrebbe rallentare un po’ il ritmo di crescita determinato non dalla legge Fornero ma dalle norme Tremonti-Sacconi. Alla fine, allora, una riforma andrebbe fatta... Ritocchi sono possibili, ma ripeto: sarebbe costoso e rischioso agire semplicemente sull’età o agevolare nuovamente le pensioni d’anzianità (anticipate) che ancora sono superiori in numero a quelle di vecchiaia. Solo per le donne, in seguito alla parificazione dei requisiti nel pubblico, c’è stato un innalzamento effettivo dell’età media di pensionamento, mentre per gli uomini ancora oggi rimane in media 60 anni o poco più, anche con il requisito dei 42 anni di contribuzione. È giustificato l’allarme lanciato dal presidente dell’Inps sui trentenni che dovranno aspettare fino a 75 anni per la pensione? No. E fatico a capirlo: sul piano tecnico, per la legge Fornero chi ha solo il contributivo, come i trentenni, con 20 anni di minimo contributivo può andare in pensione in maniera flessibile tra 63 e 70 anni d’età, arrivare a 75 sarebbe una scelta, non un’imposizione. Ma poi perché quell’allarme? Per tagliare i requisiti di chi ora, e non nel 2056, deve andare in pensione? Sì, ma quello dei giovani è un problema reale, che si fa? Con Tiziano Treu avevamo presentato una proposta di legge, ancora valida, che prevede tre pilastri previdenziali. Il primo è una pensione minima uguale per tutti e garantita dallo Stato tramite la fiscalità (ad esempio: 400 euro al mese). Il secondo è una pensione contributiva variabile, basata su versamenti obbligatori con aliquota al 25% uguale per tutti i lavoratori. Sono 8 punti in meno rispetto all’attuale aliquota del 33%: un taglio del costo del lavoro significativo, che può davvero agevolare le assunzioni dei giovani. Il terzo pilastro è la previdenza integrativa che ognuno può alimentare con benefici fiscali e con la possibi-lità, se preferisce, di dirottarvi un 5% di contribuzione obbligatoria. Sarebbe una vera riforma per i giovani, perché limitata alle nuove assunzioni e a chi inizia a lavorare adesso. Una nuova previdenza che finalmente guarderebbe ai giovani oggi e non sempre e solo agli anziani di ieri e di domani.
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