Ha una quota di mercato che sfiora il 30% in Italia e supera il 10% in Europa. Ma punta anche ad espandersi negli States senza dimenticare il suo radicamento sul territorio e l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. Per il gruppo Mutti il 2018 è stato un anno di successi: il fatturato è cresciuto del 16,7% a 308 milioni di euro e un’ebitda stabile a 25 milioni. Per i prossimi tre anni si prevede un aumento medio dei ricavi del 10%, grazie per lo più a un’accelerazione sull’estero. L’Europa resterà il primo 'driver', ma il gruppo di Parma punta anche sugli Usa, dove all’inizio dell’anno scorso ha aperto una filiale per rafforzare la marca puntando ai consumatori di fascia alta. L’amministratore delegato Francesco Mutti ha sottolineato che «i risultati sono più che soddisfacenti: in un mercato domestico in contrazione del 4%, il valore fatturato Italia è cresciuto del 2,8%, quello estero del 17%». Numeri di tutto rispetto: nel 2018 Mutti ha rafforzato ulteriormente dello 0,8% la sua quota di mercato in Italia in termini di valore arrivando al 29,4% (era appena dell’8% nel 2004), il triplo del principale concorrente, il gruppo Cirio.

All’estero è al 10,6% e rappresenta di gran lunga la prima azienda del settore. In sei paesi europei (oltre all’Italia) è la marca più venduta: Francia, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia e Slovenia. L’obiettivo, ha aggiunto Mutti «è continuare a creare un’azienda che sappia generare valore con i suoi risultati economici, ma anche dare soddisfazione ai consumatori, a chi ci lavora e al territorio dove opera ». Un riferimento esplicito all’impegno del gruppo sui temi della sostenibilità. Particolare attenzione viene usata nel sistema di irrigazione dei campi per evitare lo spreco di acqua grazie ad un progetto portato avanti dal 2010 con il Wwf. Impegno anche sul fronte della lotta al caporalato visto che Mutti effettua la raccolta in maniera completamente meccanizzata eliminando così alla radice il problema della manodopera non in regola.