mercoledì 16 novembre 2022
Per Bruno Ranellucci, uno dei massimi esperti in materia, bisognerebbe anche rafforzare i controlli e inasprire le pene
Un bonus per fermare gli incidenti sul lavoro

Un bonus per fermare gli incidenti sul lavoro - Ansa

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La proposta arriva da Bruno Ranellucci, uno dei massimi esperti in materia. L'agevolazione aiuterebbe soprattutto le piccole e medie imprese, dove si verificano i maggiori problemi. Cancellato ogni alibi, bisognerebbe poi rafforzare i controlli e inasprire le pene. Le morti bianche si combattono con una vera e propria rivoluzione culturale. Un cambio di paradigma salvavita. «Non si vendono le auto? Scatta un bonus rottamazione - spiega il ceo di Tutor consulting -. La pandemia ha reso fragili le persone? Ecco il bonus per lo psicologo. Occorre modificare il circuito televisivo? Arriva il bonus per l'acquisto di nuovi apparecchi. Ma per salvaguardare le vite umane perché non si utilizza uno strumento simile?». Dall'esperienza di Ranellucci nasce una proposta che potrebbe agevolare una vera e propria rivoluzione culturale: «Servirebbe che lo Stato riconoscesse alle aziende, sotto forma di credito di imposta, un bonus per la sicurezza. Una voce che dovrebbe comprendere la formazione, il documento di valutazione rischi, le visite mediche e ovviamente tutti i dispositivi di protezione individuale previsti dal decreto legislativo 81 del 2008». Gli infortuni, denunciati nel periodo gennaio-agosto 2022, sono stati 484.561 con un aumento del 38,7% rispetto al 2021. Gli incidenti mortali sul lavoro in Italia, nei primi otto mesi dell'anno, sono stati invece 677, con una media di quasi tre vittime al giorno. «Dati impressionanti - dice ancora Ranellucci -. Che vanno combattuti non con evanescenti dichiarazioni di intenti, ma entrando nel cuore del problema. È giunto insomma il momento che gli imprenditori non considerino più le spese per adeguarsi alle norme in materia come un costo, ma viceversa come un investimento. Ma è anche giunto il momento che lo Stato faccia la sua parte e quella del bonus è una strada percorribile e, in termini economici e sociali, assolutamente sostenibile». La prevenzione insomma è un dovere morale: permette di proteggere i lavoratori, impedisce multe salate e, nello stesso tempo, tutela l'immagine della stessa impresa di cui si è rappresentanti. «Il bonus è un'opportunità che si offre alle aziende - aggiunge Ranellucci -. Ma non basta: credo che, a breve, sia giusto, nel qualificare una qualsiasi attività produttiva, introdurre un rating legato proprio al tema della sicurezza e sono altrettanto certo che questo rating verrà valutato per partecipare a bandi di gara o per ricevere un finanziamento, sia esso pubblico che privato. Con la vita delle persone non si può giocare e, in linea generale, non si può pensare di risparmiare sulla pelle di chi lavora. Purtroppo, invece, davanti alle spese da sostenere per avviare un'attività, quella per la sicurezza è la prima alla quale si rinuncia. Un risparmio che va dai 3mila ai 5mila euro per un microimpresa con tre lavoratori. Un costo, di media, che si aggira attorno ai 1.000-1.500 euro per singola unità produttiva». Rinunciare alla sicurezza è però un errore imperdonabile che non ammette alibi. «Per eliminarli completamente il bonus sarebbe una soluzione - sottolinea l'esperto -. A quel punto, inasprire le pene e garantire tolleranza zero sarebbe l'inevitabile conseguenza. Ma, fra il dire e il fare, ci sono di mezzo i controlli che devono, per forza di cose, essere stringenti. Inail e Asl non hanno un organico sufficiente, si dice spesso, ma, altrettanto spesso, sfugge che oggi, con la tecnologia sempre più raffinata, basta un click per capire se un'azienda è in regola o no. Le faccio un esempio: noi, che ci occupiamo di sicurezza, dobbiamo inserire in un portale, si chiama Civa, l'attestazione che certifica la regolarità dell'impianto elettrico di un'attività. Ma che ci vuole a verificare che sia davvero così?». Ma non solo. «Le faccio un altro esempio - conclude Ranellucci -. Incrociando i dati, e questo oggi è possibile in pochi istanti, si può capire se un'azienda ha nei propri ranghi lavoratori in nero. Basta comparare il fatturato con il numero di addetti dichiarato e il gioco è fatto. Basta volerlo, non ci vogliono organici importanti per scovare i furbetti. Bonus, prevenzione, controlli: un mix che permetterebbe dunque di arginare un fenomeno che, ai tempi nostri, non è accettabile. Le morti bianche non sono degne di società moderne e civili, per questo dispositivi congrui e formazione continua sono ricette irrinunciabili che riguardano i datori di lavoro ma anche dai dipendenti di quell'azienda. L'80% degli incidenti è infatti causato da azioni poste in essere dal lavoratore, un dato che conferma l'idea che aggiornarsi senza sosta sia l'unica vera strada percorribile. Non c'è più tempo di cincischiare: servirebbe un patto di consapevolezza che coinvolga tutti i soggetti interessati: istituzioni, imprenditori, sindacati. Ora o mai più».

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