lunedì 21 ottobre 2013
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Si dice che l’Italia sappia recuperare in fretta quando parte in ritardo. Quando la situazione è capovolta, però, la sfida è diversa: occorre non fare errori, per continuare a sfruttare il vantaggio che deriva dall’essere «first mover», il primo a muoversi, come direbbero gli economisti. Il settore in cui l’Italia primeggia è il crowdfunding, che vuol dire: ti iscrivi a un sito, spieghi il progetto per cui stai cercando un finanziamento, e chi ti vuole ti dà una mano. Sono le parole utilizzate da Qui, Quo e Qua per spiegarlo a Paperino in una storia pubblicata mesi fa su Topolino: la prova provata che il crowdfunding ha raggiunto la popolarità. Anche perché si tratta di «finanza popolare». Il che però può comportare dei rischi, com’è emerso ieri alla seconda edizione di Crowdfuture, l’evento organizzato all’Università Luiss di Roma per fare il punto sul crowdfuding in Italia. La leadership italiana deriva dal fatto che siamo stati i primi al mondo a elaborare un regolamento sul crowdfunding. Lo ha fatto la Consob a luglio, in attuazione del Decreto Crescita "2.0" per le start-up innovative (1.227 quelle finora registrate). Anche l’Unione europea sta pensando a una regolamentazione e guarda con interesse all’esperienza italiana. Il regolamento Consob riguarda l’equity crowdfunding, la sottoscrizione di quote di capitale di rischio, solo una delle tante forme di crowdfunding. Che comprendono ad esempio quello basato sulle donazioni, quello reward-based (chi dona ottiene in cambio un beneficio, o un regalo), quello lending-based (prestito fra privati) e altri. Tutte insieme, le piattaforme di crowdfunding in Italia sono 41, come ha rilevato la mappatura presentata ieri da Daniela Castrataro, presidente dell’Italian crowdfunding network (l’associazione di settore), e dalla sociologa Ivana Pais, ricercatrice dell’università Cattolica di Milano. In termini di dimensioni del mercato, invece, il valore dei progetti finanziati (15mila) è di 23 milioni di euro. Ancora poca cosa, quindi, se confrontati alle previsioni del Crowdfunding industry report, secondo cui quest’anno il crowdfunding nel mondo raccoglierà 5 miliardi di euro. Di quei 23 milioni di euro, però, 11 sono stati raccolti nell’ultimo anno. Segno che il crowdfunding è in piena espansione. Al punto che l’offerta viaggia più rapida della domanda, che pure ha potenzialità smisurate: basti pensare al crowdfunding civico, in cui cittadini e organizzazioni co-finanziano progetti pubblici che le amministrazioni locali non riescono a sostenere. Ma anche al finanziamento delle start-up: in Inghilterra, ad esempio, Crowdcube ha raccolto da sola 12 milioni di sterline. Si sta anche assistendo, in Italia, ad un aumento del «do-it-yourself crowdfunding», «fai il crowdfunding da te». con progetti che si finanziano in modalità crowdfunding ma senza appoggiarsi a piattaforme. Come pure alla diffusione di piattaforme ibride (che offrono più forme di crowdfunding), locali o di nicchia. Il rischio, insomma, è l’eccessiva polverizzazione. In un settore dove il (troppo) piccolo potrebbe non essere bello e soprattutto utile all’affermazione del fenomeno. Perché anche qui, come su altri campi, la partita è già globale.
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