mercoledì 29 giugno 2016
​Il solo sistema produttivo culturale e creativo dà lavoro a 1,5 milioni di persone e produce 89,7 miliardi di valore aggiunto. Lazio, Lombardia e Piemonte le regioni che producono più ricchezza.
La cultura motore dell'Italia
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La cultura si conferma uno dei motori trainanti dell’economia italiana e partecipa alla ripresa. Il sistema produttivo culturale e creativo fatto da imprese, PA e non profit genera 89,7 miliardi di euro e ‘attiva’ altri settori dell’economia arrivando a muovere nell’insieme 249,8 miliardi, equivalenti al 17% del valore aggiunto nazionale. Un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere del settore, ma anche da quella parte dell’economia che beneficia di cultura e  creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo. Una ricchezza che si riflette in positivo anche sull’occupazione: il solo sistema produttivo culturale e creativo dà lavoro a 1,5 milioni di persone (il 6,1% del totale degli occupati in Italia). E se nel periodo 2011/2015 la crisi si è fatta sentire incidendo in negativo su valore aggiunto e occupati del Paese, rispettivamente con il -0,1% e il -1,5%, nelle filiere culturali e creative la ricchezza è invece cresciuta dello 0,6% e gli occupati dello 0,2%. È quanto emerge dal Rapporto 2016 Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’assessorato alla Cultura della Regione Marche e di Sida Group, presentato a Roma alla presenza del ministro Dario Franceschini, dal segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, dal presidente di Symbola Ermete Realacci e dal presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello.  L’unico studio in Italia che annualmente quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale. I numeri dimostrano senza ombra di dubbio che la cultura è uno dei motori primari della nostra economia e della ripresa che inizia a mostrare i primi segnali, un sostegno strategico alla competitività del made in Italy. Lo studio propone numeri e storie ed è realizzato anche grazie al contributo di circa 40 personalità di punta nei diversi settori, alla partnership con Fondazione Fitzcarraldo e Si.Camera e con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Dall’analisi emerge con chiarezza quanto il ‘sistema Italia’ debba a cultura e creatività: il 6,1% della ricchezza prodotta in Italia nel 2015, pari a 89,7 miliardi di euro. Ma non finisce qui: perché il Sistema Produttivo Culturale e Creativo (Spcc) ha sul resto dell'economia un effetto moltiplicatore pari a 1,8. Per ogni euro prodotto dal Spcc, se ne attivano 1,8 in altri settori. Gli 89,7 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 160,1, per arrivare a quei 249,8 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 17% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. Più di un terzo della spesa turistica nazionale, esattamente il 37,5%, è attivata proprio dalla cultura e dalla creatività.E del fattore strategico ‘cultura’ sembra aver preso maggiore coscienza anche l’UE: in quest’ottica va letto l’impegno del Parlamento Europeo per il suo inserimento come undicesima priorità del piano Juncker, volto a rilanciare l’economia del continente grazie ad un investimento di 315 miliardi di euro a favore degli Stati membri. "L’Italia è forte se scommette su ciò che la rende unica e desiderata nel mondo: cultura, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale - commenta il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci -. Dal rapporto emerge un Paese che è già proiettato nel domani, che crede nelle sue forze e nelle sue capacità, consapevole che la sua cultura dalle radici antiche è oggi un importante volano  per la  crescita. Un Paese che guarda avanti con coraggio senza dimenticare la sua storia, che coglie le opportunità della green economy e della digitalizzazione ma non dimentica la sua natura artigiana, fatta di piccole e medie imprese che traggono la loro forza dalla sapienza dei territori, dai loro saperi e dalla loro coesione. Un’Italia che fa l’Italia, che può vincere la sfida del futuro"."Se il nostro Paese sta uscendo dal tunnel della crisi, lo deve anche all’apporto fondamentale di quel mix di cultura, bellezza, creatività espresso dalle oltre 400mila imprese oggetto dell’analisi di Symbola e Unioncamere e, in modo particolare, da quelle attività del made in Italy caratterizzate da forti sinergie con il settore culturale - sottolinea il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello -. Si tratta di un insieme di imprese che ha compreso l’importanza di investire in professionalità culturali e creative per competere sui mercati, veicolando la bellezza e lo stile che il mondo ci invidia. La grande ‘voglia’ di Italia che c’è all’estero si deve a questi attori, che quotidianamente affrontano la competizione internazionale puntando prima di tutto sulla propria inventiva e sull’innovazione".Art bonusIl  trend positivo del sistema culturale è stato favorito anche dall’Art Bonus, il credito d’imposta introdotto nel 2014 e che, ad oggi, ha registrato 2.728 donazioni per 62 milioni di euro; ma soprattutto segnala un avvicinamento tra beni storico artistici e forze della società che si esprime non solo in versamenti in denaro, ma anche in impegno civico, di tempo ed energie dedicate al patrimonio culturale.Cosa si intende per sistema produttivo culturale e creativoQuesta analisi scandaglia il sistema produttivo culturale e creativo fatto di musei, gallerie, festival, beni culturali, letteratura, cinema, performing arts, architettura, design e comunicazione, ma anche tutte quelle attività produttive che non rappresentano in sé un bene culturale, ma che dalla cultura traggono linfa creativa e competitività che nello studio definiamo creative-driven. Il sistema produttivo culturale si articola quindi in 5 macro settori: industrie creative (architettura, comunicazione e branding, design), industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), patrimonio storico-artistico e architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), performing arts e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere) e imprese creative-driven (imprese non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico). Dal mobile alla nautica, larga parte della capacità del made in Italy di competere nel mondo sarebbe impensabile senza il legame con il design, con le industrie culturali e creative. I settori, i trend Le industrie culturali producono, da sole, quasi 33 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 36,6% della ricchezza generata dal Spcc, dando lavoro a 487mila persone (32,6% del settore). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 12,7 miliardi di valore aggiunto (il 14,2% del totale del comparto), grazie all’impiego di 250mila addetti (16,7%). Performing arts e arti visive generano invece 7 miliardi di euro di ricchezza e quasi 127mila posti di lavoro; a conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale si devono quasi 3 miliardi di euro di valore aggiunto e 52mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 34 miliardi di euro di valore aggiunto (il 38,2% dell’intero sistema culturale e creativo) e 577mila addetti (38,7% del totale del sistema culturale e creativo). Considerando la dinamica dei settori, nel periodo 2011-2015, le performance più rilevanti sono quelle connesse al design (+10,8% per valore aggiunto e +13,8% per occupazione), alle produzioni creative-driven (+5,4% per valore aggiunto e +1,4% per occupazione), al videogame (+3,7% per valore aggiunto e +1% per occupazione), alla musica (+3,0% per valore aggiunto).Geografia della culturaLa provincia di Milano è al primo posto in Italia sia per valore aggiunto che per occupati legati alle industrie culturali e creative (rispettivamente 10,4% e 10,5% del totale dell’economia provinciale). Nella classifica provinciale per incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo sul totale dell’economia, seguono Roma, attestata sulla soglia del 10%, Torino al 9,1%, Siena all’8,5% e Arezzo al 7,8%. Quindi Firenze con il 7,5%, Modena e Ancona entrambe al 7,2%, Bologna con il 7,1% e Trieste al 6,7%. Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione del sistema produttivo culturale e creativo sul totale dell’economia, come anticipato, è sempre Milano la provincia con le migliori performance. Ma subito dopo troviamo Arezzo (9%), Roma (8,8%), Torino (8,5%), Firenze (8%), Modena (7,7%), Bologna (7,6%), Monza-Brianza e Trieste (entrambe al 7,5%), Aosta (7,3%). Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui cultura e creatività producono il 7,5% del valore aggiunto totale dell’economia locale. Seguono da vicino il Nord-Ovest, che attraverso l’industria culturale e creativa genera il 7,1% del suo valore aggiunto e il Nord-Est, che sempre dal settore delle produzioni culturali e creative vede arrivare il 5,8% della sua ricchezza. Staccato il Mezzogiorno, che dalle industrie culturali produce il 4,3% della sua ricchezza. Dinamica simile, ma con i primi due posti invertiti, si ritrova anche per l’incidenza dell’occupazione creata dalla cultura sul totale dell’economia. Passando alle Regioni, sul podio alla classifica per incidenza del valore aggiunto di cultura e creatività sul totale dell’economia, si piazzano Lazio (prima in classifica con l’8,9%), Lombardia (7,5%) e Piemonte (7,1%); quarta la Valle d’Aosta (6,6%) e quinte le Marche (6,2%). Seguono Emilia Romagna e Toscana (entrambe al 6%), Friuli Venezia Giulia (5,7%), Veneto e Trentino Alto Adige (entrambe con il 5,6%). Considerando, invece, l’incidenza dell’occupazione delle industrie culturali sul totale dell’economia regionale la classifica  subisce qualche variazione: podio per Lazio, Lombardia e Valle d’Aosta, rispettivamente con il 7,8%, il 7,6% e il 7,3%; quindi Piemonte (7%), Emilia Romagna e Marche (attestate al 6,6%), Trentino Alto Adige (6,5%), Veneto, Toscana e Friuli Venezia Giulia (tutte e tre al 6,3%).Nel periodo 2011-2015 le regioni che più hanno visto crescere l’incidenza del valore aggiunto del SPCC sono la Valle d’Aosta (+0,89 punti percentuali), le Marche (+0,45) e l’Emilia Romagna (+0,39), quindi la Toscana (0,39 punti percentuali) e il Trentino Alto Adige (0,31). Quelle in cui è migliorata di più l’incidenza degli occupati del SPCC sono invece la Valle d’Aosta (0,96 punti percentuali), il Trentino Alto Adige (0,44), l’Emilia Romagna (0,43), la Puglia (0,31) e la Lombardia (0,28).
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