venerdì 15 settembre 2017
L'economista Costa: la finanza la fa da padrona ma esiste anche l'accattonaggio forzato di cui si parla troppo poco
«La criminalità economica non conosce crisi. Serve un freno»
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La Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice nell’ambito della sua attività legata alla Dottrina Sociale della Chiesa sta approfondendo questioni relative alla criminalità economica e finanziaria e ai traffici di persone. A tal fine la Fondazione ha coinvolto uno dei più importanti esperti del settore, l’economista Antonio Maria Costa, il quale ha lavorato a lungo nelle principali organizzazioni internazionali ed è stato vice segretario generale delle Nazioni Unite.

Quant’è il giro d’affari della criminalità economica e finanziaria nel mondo?

Bisogna tener presente che esistono vari tipi di criminalità. C’è per esempio quella di stampo mafioso, violenta che intimorisce ed uccide, quella economico-finanziaria, ugualmente violenta, ma sui beni e la proprietà, non sulle persone se non indirettamente. In via generale si stima che il traffico di droga ha una forza economica di circa 350 miliardi di euro l’anno. Per le altre forme di crimine, per esempio il traffico di zanne d’elefante, corno di rinoceronte o sfruttamento delle risorse naturali, minerali rari, si parla di alcune decine di miliardi di euro. La vendita illegale di armi si aggira intorno agli 80-100 miliardi di euro l’anno. La criminalità economica è molto più difficile da stimare. Il reato più comune è la corruzione. Secondo il Fondo Monetario Internazionale raggiunge i 1.000 miliardi di euro l’anno. Collettivamente, le varie forme di crimine rappresentano la più grande in- dustria del mondo.

Quanto mercati e governi risentono di questo stato di cose?
La criminalità riesce ad avere una grande influenza sulle più grandi banche del mondo. Con la crisi finanziaria del 2008 le mafie hanno immesso nel sistema bancario una grande quantità di liquidità contribuendo a salvare, in un certo senso, il sistema. L’interazione crimine, finanza e politica è universale. Non possiamo parlare di mafiosi che cercano banche conniventi, ma viceversa: sono i banchieri che cercano business con la mafia. E poi interviene la politica a salvare entrambi, quando scoppiano i guai. Per esempio, la Wachovia bank di New York, poi acquistata dalla Fargo, è stata accusata di aver riciclato 463 miliardi di dollari del cartello della droga messicano di Sinaloa. Il governo USA ha deciso di differire ogni penalità e nessuno è finito in galera.

Le persone più deboli sono vittime di questo sistema. Qual è la dimensione del fenomeno?

Spesso cadono vittime di tratta o lavoro coatto. C’è però una pratica di cui si parla poco: l’accattonaggio forzato.

Ci sono stati esempi positivi che hanno bloccato almeno in parte queste forme di criminalità?

C’è ne sono stati e c’è ne saranno, ma con risultati altalenanti. La collusione tra criminalità economico-finanziaria e sistema bancario americano prima ed europeo poi, è stata dimostrata durante e dopo la crisi del 2008. Ci sono state delle misure legislative negli Usa e in Europa dirette a stringere le maglie sui comportamenti speculativi, soprattutto per quelli che hanno utilizzato i risparmi delle persone per fini non leciti o comunque d’azzardo. A dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria si sta cercando però di smontare alcuni degli strumenti che nel frattempo sono stati predisposti. Per il traffico di persone l’unica azione di contrasto che può dare risultati duratori è quella di aiutare i paesi dai quali provengono i diseredati in cerca di fortuna attraverso il Mediterraneo.

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