sabato 9 novembre 2019
Molte famiglie si sono viste decurtare il Rdc perché i figli sono andati a lavorare all’estero o al Nord E l’inserimento lavorativo resta un miraggio in una Regione che soffre lo spopolamento
La Calabria scopre le crepe del reddito di cittadinanza
COMMENTA E CONDIVIDI

La 'recessione' del Sud si tocca con mano. Nelle famiglie, tantissime, che preparano le valigie ai propri figli per cercare fortuna al Nord del Paese o all’estero. E in quanti, pur decidendo di restare, fanno i conti col peso amaro della disillusione. Il Rapporto Svimez del 2019 fotografa l’amara fuga dei cervelli dal Mezzogiorno e l’inefficacia della misura del Reddito di Cittadinanza nelle Regioni più povere. In Calabria, ad esempio, si moltiplicano i casi di quanti stanno rinunciando al sussidio. Il motivo è semplice: l’indennizzo mensile, nel corso dei mesi, è stato decurtato a poche centinaia di euro o addirittura azzerato. Ma perché? Le storie sono molteplici e, spesso, non è colpa solo dei 'furbetti' che impropriamente hanno percepito il Reddito di Cittadinanza senza averne il titolo.

Uno dei casi più ridondanti che abbiamo appurato nelle interviste a campione che abbiamo fatto si incrocia proprio con quanto emerso dal Rapporto Svimez. Tanti beneficiari, infatti, ci raccontano che i loro figli hanno deciso di partire, trovando magari lavori saltuari a tempo determinato lontano dalla Calabria. Con tutto ciò che questo comporta: pagare un affitto, sostenere i costi di un vita fuorisede con stipendi all’osso, ossia poco sotto i mille euro al mese. «Non mi nascondo: all’inizio ho dovuto mandargli io dei soldi per potersi fare la spesa», ci dice una madre parlando dell’esperienza del suo primogenito, appena ventenne, arrivato in Bulgaria. Neanche il tempo di trasferire la residenza, però, che l’Inps ha provveduto ad azzerare il Reddito di Cittadinanza a queste famiglie. La spiegazione è semplice: lo stipendio del figlio fa cumulo e quindi annulla il diritto a percepire la misura anti-povertà varata dal precedente esecutivo e confermata dall’attuale.

Da 780 euro a zero, in un mese. Capita a chi ha i figli a Milano, in Francia, in Bulgaria o nella vicina Roma. Tutti la stessa storia: chiedere a loro di tornare per percepire il Reddito o ricominciare senza nessun sostegno da parte dello Stato? Il paradosso, poi, è ancor più eviden- te se si guarda alla fase-due della RdC, cioè il re-inserimento sociolavorativo. «A quarant’anni sei troppo vecchio per lavorare, ma troppo giovane per andare in pensione», confessa un Account manager rimasta senza occupazione dopo vent’anni spesi in un’importante azienda calabrese. I navigator a Reggio Calabria sono in servizio dall’8 agosto scorso, ma suppliscono a mansioni che il personale, ridotto a lumicino, del Centro per l’impiego non riesce a soddisfare. Un cortocircuito, in una Regione, che registrandosi sul portale ufficiale non presenta neanche un’offerta di lavoro. Così in tanti valutano di rinunciare al Reddito di Cittadinanza. «Mia figlia deve mangiare», ci dice un papà disperato, «forse è meglio andare a lavorare in nero. Come faccio a sopravvivere con 240 euro al mese?». Intanto, le mense delle Caritas e gli Empori della Solidarietà tornano a riempirsi. L’abolizione della povertà in riva allo Stretto è durata per soli sei mesi. Troppo pochi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: