mercoledì 20 gennaio 2016
La Ue chiede i dettagli della bad bank. Dopo il "caso" dei questionari sulle sofferenze che lunedì ha affossato Piazza Affari, Milano risale.
EDITORIALE Banche: le ragioni forti dell’Italia (Leonardo Becchetti)
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MILANO La Banca centrale europea ha chiarito il senso delle richieste di informazioni sui crediti deteriorati inviate ad alcune banche, dopo che lunedì la notizia ha fatto crollare i titoli del credito a Piazza Affari. La verifica, hanno spiegato ieri da Francoforte, è il primo passo verso la definizione di un insieme di linee guida sui prestiti problematici che la Bce userebbe per formulare raccomandazioni alle banche: tra i possibili consigli citati dal portavoce della Banca centrale alcuni sono molto blandi, ad esempio assumere più personale per gestire le sofferenze, altri sono precisamente quello che gli investitori temono: aumentare gli accantonamenti o tagliare il valore dei prestiti deteriorati in bilancio. La richiesta di informazioni è comunque «una pratica standard di supervisione», hanno specificato dalla Bce. La rassicurazione ha convinto Pier Carlo Padoan, che l’ha sottolineata in una nota del ministero dell’Economia in cui ribadisce che la Bce non ha «nessuna preoccupazione specifica per le banche italiane» ma ha soltanto avviato «uno studio per identificare best practice nella gestione dei crediti in sofferenza» coinvolgendo anche banche degli altri paesi della zona euro. Chi opera sui mercati è apparso meno tranquillizzato. Dopo lo scivolone di lunedì la Borsa di Milano ha provato a rimbalzare e ci è riuscita solo in parte (ha chiuso con un +1%) perché le azioni delle banche hanno zavorrato il listino. Il Monte dei Paschi ha perso un altro 14,4% precipitando a 65,5 centesimi, ovviamente un nuovo minimo storico. Dall’inizio dell’anno la capitalizzazione della banca toscana, la più in difficoltà a livello di sofferenze, si è dimezzata (-47%) scendendo sotto i 2 miliardi di euro. Non è andata molto meglio alla Cassa di risparmio di Genova (-11%) e sono andati male anche altri istituti di credito che hanno avuto richieste di informazioni sui crediti deteriorati da parte della Bce: il Banco popolare ha perso il 6%, Unicredit il 3%. Cali più contenuti per Unipol e Ubi Banca (-1,9%) mentre ha contenuto le perdite nel finale Bper ( 0,4%) e Intesa ha chiuso in positivo (+1%). A Borsa chiusa la Consob ha confermato anche per oggi il divieto di vendite allo scoperto su Mps. Il presidente dell’organismo di vigilanza ha detto di non vedere nelle richieste della Bce un «motivo concreto» per simili ribassi, anche perché per Vegas quella della Bce è «una rassegna periodica, una rassegna che si sta facendo prima dell’emanazione dei bilanci». Comunque alla Consob non pensano che sia in corso un attacco all’Italia: «Sono retropensieri che noi non abbiamo». L’Italia spera almeno di potere attivare rapidamente la sua bad bank, che può fare un po’ da argine alla caduta. La soluzione per aiutare le banche a liberarsi delle sofferenze a costi quasi di mercato — attraverso la creazione di veicoli privati a cui assegnare i crediti deteriorati, sui quali gli istituti potrebbero comprare garanzie dallo Stato — è stata inviata a Bruxelles la settimana scorsa e la Commissione ha risposto chiedendo al governo ulteriori informazioni. Secondo l’agenzia Reuters a Bruxelles negano di volere ostacolare il progetto, ma il piano sarebbe troppo generico. Trovare una soluzione per le sofferenze delle banche – a novembre i prestiti che hanno poca speranza di essere rimborsati sono risaliti oltre i 200 miliardi di euro, ha detto ieri l’Associazione bancaria rilanciando il dato di Bankitalia – è ormai una delle principali urgenze nazionali. A novembre sono salite anche le sofferenze al netto delle svalutazioni già effettuate (da 87,2 a 88,8 miliardi di euro). Il peso dei crediti cattivi frena la ripresa dei finanziamenti a imprese e famiglie che, ancora secondo i dati dell’Abi, ormai sarebbe iniziata. Nei primi undici mesi del 2015 le nuove erogazioni di mutui sono aumentate del 97,4% rispetto all’anno precedente (una su tre è però una surroga). Soprattutto, sottolineano le banche, a dicembre l’ammontare totale dei prestiti a imprese e famiglie ha segnato un aumento dello 0,45% rispetto a un anno fa. È il secondo mese consecutivo di crescita annuale (+0,71% il dato di novembre primo segno 'più' dal 2008) ma è da prendere con molta cautela. Nel confronto con novembre, per esempio, il totale dei prestiti è sceso da 1.424,7 a 1.420,5 miliardi di euro. Una ripresa tutt’altro che esaltante. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pier Carlo Padoan Giuseppe Vegas
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