lunedì 12 ottobre 2020
Le denominazioni del Monferrato danno un messaggio di ripartenza con la prima rassegna "in presenza" dopo le restrizioni
Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d'Asti

Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d'Asti

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In un anno minacciato dall’emergenza sanitaria globale, dal settore vitivinicolo giungono segnali di resistenza e di ripartenza. Nei giorni scorsi si è tenuta la manifestazione astigiana "Douja d’Or", la prima a essere organizzata in presenza dopo le restrizioni. Palazzo Alfieri di Asti ha fatto il pieno di visitatori e degustatori, pur con le necessarie misure di sicurezza. E tengono i numeri sull’imbottigliato complessivo delle denominazioni del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato (che tutela 13 denominazioni, 4 Docg – Barbera d’Asti, Nizza, Ruchè di Castagnole Monferrato e Terre Alfieri – e 9 Doc – Albugnano, Cortese dell’Alto Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino d’Asti, Loazzolo, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, Monferrato e Piemonte): alla fine di agosto hanno registrato un + 1,22% rispetto al 2019. Un dato che fotografa un comparto ben piazzato sul mercato, che ha retto all’urto di questi mesi e che mantiene uno sguardo puntato al futuro. Un futuro che si declina anche, per esempio, nell’apertura al pubblico femminile, che dimostra un interesse sempre maggiore verso la Barbera, come dimostrano anche alcune indagini di mercato.

Tra le denominazioni che compongono il firmamento del Consorzio, c’è anche una nuova stella che brilla: è il Marengo, la versione spumante del Piemonte Cortese. Un vino che reca nel nome quello benaugurale di una vittoria: quando nel 1800 Napoleone conseguì in queste zone il successo di una battaglia che gli aprì le porte d’Europa. Resta comunque la Barbera d’Asti Docg il prodotto di massima espressione identitaria del Monferrato, con una quota export attestata intorno al 50% della produzione. Di facile approccio se bevuta da giovane e complessa se lasciata affinare come nel caso della versione Superiore, il valore aggiunto è dato certamente dalla sua versatilità, elemento che scuote l’interesse di fasce di consumo sempre più ampie. E poi, coltivata in 167 comuni (116 in provincia di Asti e 51 in provincia di Alessandria), la Barbera d’Asti Docg occupa un territorio abbastanza vasto da restituire al vino un ventaglio di espressioni e colori diversificato.

Emergono in questo scenario anche nicchie enologiche di grande rilievo, accomunate da un trend in crescita sia per quanto riguarda i numeri sia l’affermazione della loro identità. Per esempio l’Albugnano, il Nebbiolo coltivato nelle aree limitrofe alla provincia di Torino, con un imbottigliato in crescita al 31 di agosto; oppure il Cortese dell’Alto Monferrato, anche in questo caso con segno positivo.

«Con oltre 65 milioni di bottiglie, il Consorzio rappresenta interamente un territorio variegato come il Monferrato che, in particolare negli ultimi anni, sta diventando un traino decisivo del comprensorio Unesco – dichiara Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato – Anche in questo anno segnato dal Covid-19, il nostro comparto di riferimento ha dimostrato di reggere nei numeri e nell’immagine, segno di un consolidamento sempre più forte in Italia e nel mondo. Siamo stati tra i primi a investire sui vitigni autoctoni, penso per esempio alla nostra adesione al progetto “Indigena” mirato appunto a questo tipo di valorizzazione, idea che abbiamo condiviso in netto anticipo sui tempi. Il Monferrato è un territorio di bellezza e opportunità, dove giovani imprenditori e grandi aziende hanno cominciato a investire risorse sempre più importanti che dal vino portano a importanti ricadute economiche nei settori immobiliari, enoturistici e della ristorazione».

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