sabato 2 aprile 2016
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INAIROBI (KENYA) l kenyano Gitahi Gachahi ha il microfono tra le mani e un grande sorriso sulle labbra. In qualità di direttore esecutivo per Ernst & Young (Ey) in Africa orientale, a marzo 2013 ha annunciato di aver aperto una base nel nuovissimo Sud Sudan, diventato indipendente meno di due prima. Tra le principali quattro società di consulenza finanziaria e revisione al mondo, la Ey è stata infatti la più veloce a mettere le mani sul vergine mercato sudsudanese. Nei mesi seguenti è stato invece il turno di Deloitte, Pricewaterhousecoopers (Pwc), e Kpmg. Attraverso filiali sul terreno o squadre operative che lavorano dagli uffici nei paesi limitrofi per questioni di sicurezza, le cosiddette 'Big four' non si lasciano scappare più niente in Africa. Lavorano tanto con i governi, quanto con i privati e le organizzazioni non governative. Gestiscono i contratti legati ai più svariati settori: petrolifero, agricolo, digitale, umanitario e molto altro. «L’ufficio in Sud Sudan offrirà un’intera gamma di servizi per attrarre investimenti del mercato internazionale e regionale – spiegava Gitahi Gachahi, mentre dava dettagli sul nuovo ufficio di Ey nella capitale, Juba –. Lavoreremo con i clienti attuali e futuri anche per facilitare il business in Africa orientale». Patrick Kamau, leader della società nel Paese, ha più volte affermato che: «Grazie alle risorse minerarie rappresentate soprattutto dal petrolio – sottolineava Kamau sul giornale 'Business daily' –, il Sud Sudan ha il potenziale per diventare un mercato consistente nei prossimi anni». Nel 2009, invece, Pwc si era aggiudicata un contratto per lavorare sui conti della Somalia, affetta da una guerra civile dal 1991. «Sono necessari dei sistemi per seguire le tracce dei finanziamenti esteri – aveva detto Abdulrahman Adan Ibrahim, l’allora vice-primo ministro somalo –. Vogliamo evitare che il denaro sia rubato o mal gestito». Nel 2013, un rapporto investigativo dell’Onu aveva denunciato che l’80% dei fondi destinati alla Banca centrale somala era stato utilizzato per scopi privati. La Pwc, già impiegata per un lavoro simile in Sudan, aveva preferito non commentare tali statistiche, rivendicando il diritto alla privacy del suo cliente. Il livello di competizione è invece sempre rimasto altissimo in Nigeria, la più grande economia africana. A inizio febbraio, infatti, l’Agenzia federale delle entrate (Firs) ha incaricato tali società di controllare i numeri di banche e multinazionali presenti nel Paese. «Oltre agli istituti bancari che operano in Nigeria – ha detto Babatunde Fowler, a capo della Firs –, abbiamo deciso di estendere tale revisione anche ai ministeri, dipartimenti e agenzie federali». Secondo il quotidiano nigeriano, The daily independent, le autorità stanno utilizzando la «grande esperienza delle Big four» con l’obiettivo di «regolare il sistema delle imposte e raggiungere il target di 4.95 trilioni di naira (circa 22 miliardi di euro, ndr) di tasse per l’anno fiscale del 2016». In Kenya, la più grande economia dell’Africa orientale, Ey, Deloitte, Pwc e Kpmg si battono invece spesso per i contratti relativi al 'commercio di transizione', legato soprattutto al porto di Mombasa, famoso per il suo alto livello di corruzione. Negli ultimi mesi, infatti, un rapporto della Kpmg ha evidenziato un’incredibile quantità di «modi per manipolare le cifre». «Con il galoppante aumento degli investimenti in Africa – affermano gli esperti –, i servizi di tali società saranno sempre più richiesti». © RIPRODUZIONE RISERVATA INCHIESTA/14 Continua la serie sull’economia africana iniziata sull’onda della recente storica visita di papa Francesco in alcuni Paesi del continente. Le sfide, i rischi e i personaggi emergenti di un’economia che continua a crescere a ritmi disordinati, ma che comunque fa dei passi avanti.
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