giovedì 24 agosto 2017
Il valore aggiunto di quell’economia che sta con affanno cercando di traghettarsi fuori dalla crisi è l’uomo, fattore primario su cui investire
La persona sempre al centro
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La formazione? Non può mancare. L’innovazione? Elemento insostituibile. Ma il vero protagonista nel mondo del lavoro, oggi più di ieri, è la persona. Manager e imprenditori, studiosi ed economisti come Enrico Moretti sono tutti concordi: il valore aggiunto di quell’economia che sta con affanno cercando di traghettarsi fuori dalla crisi, è l’uomo, fattore primario su cui investire e vero centro di tutto il processo. La persona capace di osservare la realtà in modo dinamico, in grado di interagire, di fare squadra. E pazienza se il suo bagaglio è vuoto di esperienza professionale: «Conta molto di più la voglia, la motivazione, la spinta» assicura uno che di assunzioni se ne intende, il manager Maximo Ibarra. Prodigo di consigli, buoni propositi e di un sano ottimismo realista, dal palco del Meeting l’ex ad di Wind è coinvolto nel panel Lavoro: formazione e innovazione insieme al docente Mario Mezzanzanica (Sistemi Informativi all’Università Milano-Bicocca) e all’imprenditore Matteo Marzotto. Il trio mette le nuove generazioni di fronte ad una evidenza: il cambiamento del mercato del lavoro è un fattore dal quale non si scappa.

«Il lavoro non è più quello dei nostri padri, la mobilità è una caratteristica (tra il 2009 e il 2016 il 57% dei contratti monitorati si è chiuso entro 3 anni), occorre carpirne sfide e positività». Già, i padri. È Marzotto a riprendere il tema. «Con tutti i miei limiti, sto cercando di riguadagnare un nome, Marzotto, con il quale mi sono scontrato e ho persino abbandonato» fa outing l’imprenditore vicentino. Lo spirito battagliero di nonno Gaetano che ne ha caratterizzato l’avventura umana e professionale, è stata la molla che ha convinto il "ribelle" Matteo, «a scuola un asino», a buttarsi a capofitto fino a diventare un imprenditore di successo in vari campi e a mettere in piedi la Fondazione per la ricerca sulla Fibrosi Cistica, «capace di triplicare la raccolta quando negli anni della crisi il Pil italiano perdeva 12 punti».

Segno che la generosità è ancora un tratto distintivo italiano. Come lo sono, purtroppo, le riforme del mondo del lavoro che si sono succedute negli ultimi 14 anni, «i cui effetti benefici – nota con disappunto Mezzanzanica – durano al massimo un anno perché non cambiano la struttura». La partecipazione al mondo del lavoro in tre lustri non si è modificata (dal 56,3% al 57), ma le nuove leve possono però tenere in conto le sempre più importanti competenze digitali e le nuove professioni, per le quali c’è attualmente più domanda che offerta. Si ritorna al punto di partenza: nel cambiamento è sempre l’io a far la differenza.

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