giovedì 25 ottobre 2018
Numeri in crescita per la V edizione della due giorni di job meeting promossa a Pisa dalle sei scuole superiori italiane
Grande affluenza e 800 colloqui per 230 ragazzi
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Numeri in crescita e grande affluenza di pubblico per la quinta edizione di Jobfair, la due giorni di job meeting promossa a Pisa dalle sei scuole superiori italiane (Gssi Gran Sasso Science Institute, Scuola Imt di Alti Studi Lucca, Sissa Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati, Scuola Universitaria Superiore Iuss, Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant'Anna) iniziata ieri, mercoledì 24 ottobre, con la tavola rotonda dedicata a Industria 4.0 e formazione delle competenze per la nuova rivoluzione industriale nell'ambito della cerimonia d'apertura alla Scuola Normale Superiore. La tavola rotonda ha rimesso al centro della discussione il ruolo primario della conoscenza quale motore di previsione e di gestione delle sfide del future. Sfide poste tanto all'industria quanto ai giovani, ai quali è rivolto il job meeting promosso dalle sei scuole universitarie superiori italiane.

Oggi la seconda giornata sarà infatti tutta dedicata a oltre 230 ragazzi, tra allievi ed ex allievi, che incontreranno alla Scuola
Superiore Sant'Anna 52 aziende, per un totale di oltre 800 colloqui individuali già fissati all'apertura della manifestazione e altri 300 in lista d'attesa. Una possibilità preziosa di incontro e confronto con i rappresentanti di alcune delle più significative realtà imprenditoriali del panorama italiano e internazionale, «in un luogo dove i giovani e le imprese creano il futuro», come sottolinea lo slogan di questa edizione, che si arricchisce quest'anno di ben otto main sponsor (Chiomenti, Cleary Gottlieb Steen & Hamilton, eSilicon, Fca Bank, Generali Italia, Luxottica, Bank of America Merrill Lynch e Valagro).

«Il compito delle Università è quello di aiutare la crescita del proprio Paese formando al meglio le generazioni del futuro», ha detto dalla Sala Azzurra il prorettore della Normale, Andrea Ferrara, ringraziando le sei scuole superiori italiane promotrici della Jobfair. Una formula di successo «che si sta affermando come una realtà consolidata», ha proseguito Roberto Barontini, coordinatore del progetto placement per la Scuola Superiore Sant'Anna, «se è vero che ogni anno richiama un numero sempre più elevato di aziende e di giovani partecipanti». «Grandi numeri per piccole Università», commenta con orgoglio Barontini, che torna al tema della giornata ricordando «il compito delle scuole universitarie nel formare nuove competenze al servizio dell'industria 4.0».

Dedicato proprio alle sfide e alle opportunità della quarta rivoluzione industriale è il progetto Artes, illustrato da Massimo Bergamasco, direttore dell'Istituto Tecip (Tecnologie della Comunicazione, Informazione, Percezione) della Scuola Superiore Sant'Anna, entrato subito nel vivo della discussione comparando i cambiamenti previsti nel mondo del lavoro nei prossimi 20 anni «a quelli portati dalla rivoluzione informatica negli ultimi 50 anni. Serve una comprensione approfondita della complessità del nostro mondo che porti a una nuova generazione di strumenti che ci permettano di prendere le decisioni migliori - sostiene Bergamasco -. Solamente con l'aiuto di macchine intelligenti sapremo gestire i cambiamenti, che non riguardano soltanto l'industria, ma qualsiasi ambiente in cui l'uomo si troverà a vivere». Insomma, sembra proprio che una delle grandi sfide rimanga quella di realizzare progetti di sviluppo delle tecnologie che dimostrino le potenzialità della robotica avanzata, lungo linee produttive dimostrative alimentate dalla formazione e dalla ricerca. Resta pur sempre la sfida forse più grande, ovvero «il superamento della "valle della morte" - conclude Bergamasco - colmando il gap tra lo sviluppo dell'idea e la produzione industriale».

Grandi incognite di una società futuribile dove, secondo le
previsioni, «ci aspettano due milioni di nuovi robot installati entro il 2020», aggiunge ancora Paolo Ferrara, riportandoci ad altre forse più cupe previsioni: quelle sulla disoccupazione crescente dell'uomo soppiantato dalle macchine, lanciate tempo addietro per esempio da Jeremy Rifkin. D'altronde, come conferma Giovanni Cesura, director of Engineering della eSilicon, «mentre stiamo preparando le generazioni del futuro, soffriamo la carenza di personale qualificato disponibile oggi», anche perché «l'industria 4.0 non è soltanto macchine ma anche persone», fa notare Davide Simone Schinetti, manufacturing Italy director di Luxottica. È pur vero che «non possiamo diventare tutti ingegneri», ribatte il rettore della Scuola Sant'Anna, Pierdomenico Perata, che riporta l'attenzione sulla funzione prioritaria della scuola: «L'Italia ha ampi margini di miglioramento sul fronte dell'istruzione, partendo per esempio dal miglioramento delle modalità di accesso agli studi. Un compito che compete in prima battuta a chi governa il Paese, che però non sembra particolarmente interessato - conclude il rettore della Sant'Anna -. L'outlook è negativo, per usare il linguaggio delle agenzie di rating».

Sulla stessa linea Pietro Pietrini, alla guida della Scuola Imt Alti Studi di Lucca: «Per cambiare davvero le cose serve prima di tutto un cambiamento sociale, in grado di garantire le pari opportunità a tutti, a partire dalle donne», che peraltro sono la maggioranza del team di studi e ricerca di Andrea Taramelli, professore associato di Geografia fisica e Geomorfologia della Scuola Iuss di Pavia. «Oltre a essere brave, sono capaci di quella trasversalità di cui c'è bisogno nei settori della conoscenza. Il capitale umano per affrontare la rivoluzione industriale 4.0 c'è ma va formato alla trasversalità», conclude Taramelli, con cui concorda Andrea
Gambassi
, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati Sissa: «L'Industry 4.0 ha bisogno di trasversalità, e la rivoluzione industriale 4.0 ha bisogno dei dottori di ricerca, spesso non valorizzati dalle aziende italiane».

Passi in avanti sono comunque stati fatti dalle Università. È il caso, per esempio, dell'attivazione dei dottorati industriali, «che
dimostrano l'impegno fattivo degli atenei nel capire quali siano davvero le conoscenze applicate di cui necessitano nella realtà
le aziende», conclude la prorettrice del Gran Sasso Science Institute, Alessandra Faggian: «Stiamo facendo l'industria 4.0,
ma dobbiamo ancora fare il capitale umano 4.0».

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