venerdì 8 luglio 2016
L'Istat: detrazioni e contributi non vanno ai poveri. I nuclei della classe a reddito più basso sono svantaggiati anche in presenza di più minori.
INTERVISTA De Palo (Forum Famiglie): l'equità si ritrova con Fattore Famiglia
Fisco e Welfare, il grande paradosso
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Non ha utilizzato propriamente le seguenti parole, il presidente dell’Istat Giorgio Alleva, in audizione al Senato, ma in senso del suo intervento suona più o meno così: c’è qualcosa che non funziona nei meccanismi fiscali e assistenziali a tutela delle famiglie più povere visto che le (poche) risorse a disposizione non finiscono principalmente a loro. Un paradosso, senza dubbio, cui il governo sta cercando di porre rimedio anche con con il ddl Lepri, per il quale il numero uno dell’Istituto è stato chiamato ieri in Commissione Finanze a Palazzo Madama. Alleva si è presentato dunque con un’elaborazione dei dati relativi al 2013. Che dimostra come il 26,3% delle famiglie appartenenti al quinto più ricco di quelle italiane percepisca detrazioni Irpef per i figli per un valore complessivo superiore a 1,1 miliardi. Riceve cioè un beneficio pari a 740 euro all’anno, che ne aumenta il reddito di neanche l’1%. Detto in altri termini, uno spreco. Non solo: appena il 16,5% del beneficio fiscale pari a 7,8 miliardi va a famiglie a rischio di povertà, mentre quasi il doppio in termini percentuali – e cioè il 30% – finisce a nuclei con un reddito pari a due volte la soglia di rischio e quindi, per così dire, in sicurezza. Gli assegni famigliari aggiungono poi altre distorsioni. Sono 4,6 milioni le famiglie con figli a carico che li ricevono e ottengono in media 1.155 euro l’anno. Purtroppo, ha spiegato il presidente dell’Istat, i nuclei nella classe più bassa di reddito «continuano a essere in posizione di svantaggio, anche se aumenta il numero di minori», anche se hanno quindi più figli a carico. Sono ancora i dati a dimostrarlo: nel primo quinto di reddito, il più povero, circa una famiglia su due con almeno tre minori percepisce gli assegni familiari, a fronte di circa l’80% delle famiglie del secondo e terzo quinto di reddito. Inoltre l’importo medio degli assegni è più basso nel primo quinto (3.088 euro annui) rispetto al secondo (3.509 ). Squilibri che purtroppo non sono compensanti dall’abbondanza delle risorse. Visto che gli interventi a sostegno della famiglia, in Italia, pesano solo per il 4,1% della spesa totale per le prestazioni sociali. Prendendo sempre come riferimento il 2013, risultano pari a 313 euro pro capite, «valore – ha sottolineato Alleva – tra i più bassi in Europa». La quota di spesa per le famiglie è invece massima in Irlanda (13,4%), Danimarca (11,5%), Germania (11,5%) e supera il 10% nel Regno Unito e in Svezia, dove i trasferimenti per i figli variano da 12.600 euro per un figlio fino a 27.600 per cinque e più figli (esentasse e indipendentemente dal reddito).
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