mercoledì 18 maggio 2016
Sud e Isole si caratterizzano anche per un più basso livello medio di istruzione degli operatori attivi nei Centri pubblici: i laureati sono il 18,2%, rispetto a una media nazionale del 27,1%; il personale con al massimo la licenza media è il 18,7%, rispetto a una media del 15,6%.
«Servizi per l'impiego, Italia a due velocità»
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Dei circa 9,7 milioni di cittadini utenti registrati dei 532 Centri per l’impiego (Cpi) italiani, oltre la metà è nel Mezzogiorno (anche se la popolazione residente è pari al 34,3% dell'Italia). E negli ex uffici di collocamento del Sud c'è anche la percentuale più alta di utenza di disoccupati di lunga durata: quasi l’80%. Sul fronte dei servizi per il lavoro, insomma è ancora un'Italia a due velocità, dove Sud e Isole si caratterizzano anche per un più basso livello medio di istruzione degli operatori attivi nei centri pubblici: i laureati sono il 18,2%, rispetto a una media nazionale del 27,1%; il personale con al massimo la licenza media è il 18,7%, rispetto a una media del 15,6%.È quanto emerge dal Rapporto annuale di monitoraggio sui Servizi per il lavoro 2015, realizzato dall’Isfol per conto del ministero del Lavoro e diffuso sul portale www.isfol.it. I dati di oggi sono il primo appuntamento di una serie di uscite pubbliche che l’Isfol ha programmato sui servizi per l’impiego, tema di particolare attualità anche in relazione alla recente nascita dell’Agenzia nazionale per le politiche attive (Anpal).Tra le prime dieci province per volume di utenza dei Cpi, sette appartengono al Sud Italia e ben tre alla sola Campania, per un totale di oltre 3,6 milioni di cittadini (37,4%). Una concentrazione da attribuirsi però, spiega l'Isfol, in gran parte agli anni passati: se si guarda infatti al flusso delle iscrizioni nel solo 2014 su un totale nazionale di oltre 2,5 milioni di registrati, solo poco più di un terzo fa capo alle Regioni meridionali, valore sostanzialmente in linea con il dato demografico.È quindi il pregresso a penalizzare i Cpi del Mezzogiorno, segno di una maggiore difficoltà a intaccare l’utenza registrata, anche a causa di un contesto meno dinamico sotto il profilo del mercato del lavoro e poco capace di offrire opportunità occupazionali.A far funzionare la macchina del collocamento pubblico lavorano 8.798 addetti: quasi la metà ricade nelle Regioni del Mezzogiorno (48,3%, pari a 4.253 unità). La sola Sicilia ha 1.600 operatori, circa 700 Lombardia e Campania, 600 Lazio e Puglia. A livello di circoscrizioni, nel Centro Italia vi è il 20,5% degli addetti (1.802 unità), nel Nord-Ovest il 16,3% (1.432) e nel Nord-Est il 14,9% (1.311).Nonostante gran parte del personale dei Cpi sia a tempo indeterminato (88% su scala nazionale), in alcune Regioni la percentuale di operatori con contratti non standard è consistente: nel Molise sono quasi la metà (49,4%); in Toscana, Sardegna e Umbria quasi il 30%; in Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Puglia oltre il 20%. Tra gli addetti con contratto di collaborazione e a tempo determinato la quota di chi ha un titolo universitario è più alta, raggiungendo rispettivamente il 77,3% e il 70,4%, contro il 21% del personale a tempo indeterminato. Le Regioni che nei Cpi hanno più operatori con contratti non standard sono, quindi, anche quelle che rischiano di perdere la componente più istruita del personale.Un importante elemento di differenza tra i diversi sistemi adottati dalle Regioni è l’ampiezza di attività che possono essere erogate dagli operatori accreditati. Riconducendo i servizi a tre grandi categorie (orientamento al lavoro, rinvio alla formazione e intermediazione tra domanda e offerta), solo quattro Regioni hanno previsto la possibilità di affidare l’intera filiera ad operatori accreditati (Abruzzo, Lazio, Lombardia e Sicilia). Nove Regioni, quindi la maggior parte, affida i servizi di orientamento e di rinvio alla formazione, mentre le sole Toscana e Trento prevedono di affidare esclusivamente l’orientamento. Originale la scelta della Puglia, dove è l’intermediazione ad essere oggetto di affidamento agli enti accreditati.Degli 800 soggetti accreditati censiti dall’Isfol gli Enti di formazione rappresentano la maggioranza, con il 39,9%. Meno numerosa, ma più strutturata ed estesa, è la presenza delle Agenzie per il Lavoro, con il 14,4%. La progressiva apertura del sistema dei servizi al lavoro ai privati ha interessato in maniera non irrilevante anche il terzo settore, che raccoglie gran parte dei soggetti raggruppati nella categoria “Altro” (unitamente alla Fondazione dei consulenti del lavoro, alle Camere di commercio e ad altri soggetti minori), per un valore complessivo pari all’11,6%. Il segmento pubblico rappresentato da Cpi, Comuni e Centri di orientamento al lavoro si attesta sul 16,9%.Se si escludono i soggetti del settore pubblico, che operano necessariamente all’interno di confini territoriali amministrativamente definiti, dei restanti 665 soggetti soltanto 43 (poco più del 6%) sono presenti negli elenchi di più di una Regione.
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