sabato 28 agosto 2010
Il segretario generale  della Cisl accetta la sfida lanciata a Rimini dall’amministratore delegato Fiat: «Si deve fare un nuovo accordo di sviluppo per il Paese». Ma alza la posta in gioco: occorre ridurre le tasse a lavoratori, pensionati, famiglie e imprese, far calare il peso dell’apparato pubblico, abolire i monopoli di fatto.
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Pronti per il nuovo Patto sociale proposto da Sergio Marchionne? La Cisl è nata pronta. Lo chiediamo da tempo: un nuovo patto si deve fare. È interesse dei lavoratori, è una necessità per il Paese. Il discorso, però, va allargato ben oltre il tema delle nuove relazioni industriali». Il leader della Cisl Raffaele Bonanni non solo accetta la sfida lanciata ieri dall’amministratore delegato della Fiat, ma rilancia alzando la posta in gioco.Segretario, il nuovo patto sociale è solo uno scambio tra certezza dell’occupazione e maggiore flessibilità o c’è dell’altro?Dobbiamo partire dalla necessità di superare la cultura del conflitto e dell’antagonismo nel lavoro per rafforzare il nostro sistema produttivo, far crescere le aziende e i salari. La globalizzazione ha cambiato profondamente il sistema economico e non possiamo far finta di nulla. Il benessere complessivo del Paese è sfidato: non c’è redistribuzione senza produzione della ricchezza, non c’è solidarietà senza capacità di far fruttare i talenti. E non ci sono diritti scolpiti nella pietra, immutabili, che possono garantire le persone, se si manca di essere produttivi e competitivi. Proprio per questo, però, si possono e si devono cambiare i rapporti tra capitale e lavoro nelle imprese. Il nostro orizzonte ideale rimane quello, storico, di un sistema pienamente partecipativo. Intanto, però, registro con estrema soddisfazione che concetti come la bilateralità e il collegamento dei salari agli utili d’impresa siano ormai entrati nella riflessione comune e addirittura "sponsorizzati" da parte del governo.Quale ruolo possono giocare il governo e le forze politiche?Anzitutto l’esecutivo deve governare. E poi, maggioranza e opposizione, sono chiamati a fornire indirizzi chiari di contrasto alla crisi. Occorre incidere su quei fattori di sistema che frenano la nostra competitività, sono piombo nelle ali dell’impresa e nei portafogli dei lavoratori. Penso ad esempio al peso dell’apparato amministrativo, pletorico, che non si è avuto il coraggio di intaccare, come dimostra la questione della mancata abolizione delle Province. E, ancora, alla necessità di privatizzare le municipalizzate, liberalizzare i servizi, abolendo i monopoli di fatto, investire nelle infrastrutture necessarie. Ma soprattutto c’è da affrontare il nodo decisivo del fisco.I tempi sono incerti, che cosa chiedete?Occorre accelerare per ridurre le imposte su lavoratori e pensionati, sulle famiglie, ma anche sulle imprese. Perché, dobbiamo riconoscerlo, non è possibile che le aziende italiane paghino il doppio delle tasse rispetto ai loro concorrenti in Europa, non nei Paesi in via di sviluppo. Vanno premiati i comportamenti virtuosi, come quelli delle imprese che investono soldi veri nella ricerca e nello sviluppo delle attività. Poi dobbiamo riequilibrare il prelievo, spostandolo dai redditi dei lavoratori ai consumi: chi ha di più, consuma di più e deve pagare più imposte. L’intera operazione si finanzia con una lotta senza quartiere all’evasione fiscale. Grazie alle pressioni esercitate da Cisl, Uil e imprese, sono state introdotte le norme sulle tracciabilità dei pagamenti e il nuovo redditometro. E a settembre proporremo una nuova iniziativa unitaria tra sindacato e imprese.Si riparla di una legge sulla rappresentanza sindacale: la Cisl è d’accordo?Abbiamo già dato la nostra disponibilità a stringere un accordo con le altre parti sociali per regolare definitivamente questa materia. Poi se ritiene il Parlamento potrà recepire quell’intesa come un avviso comune e trasformarla in legge. La Cgil, però, non deve farsi condizionare dalla Fiom, tentando di invertire questo percorso.C’è chi paventa che la Fiat alla fine esca dal contratto nazionale dei metalmeccanici, mirando a cancellarlo.Non sarà questo l’epilogo. Le esigenze delle Fiat, e delle altre imprese, possono essere affrontate e risolte gestendo in maniera flessibile i contratti e se necessario concordando deroghe. Ma la cornice di garanzia del contratto nazionale resterà valida. E questa è la linea sulla quale ci stiamo confrontando con Confindustria.
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