martedì 27 febbraio 2018
Ha in media 43 anni, almeno otto volte su dieci è uomo (82%) e nel 73% dei casi possiede una laurea (soprattutto in Economia o Ingegneria)
Ecco l'identikit dello startupper
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Non sono poi così giovani gli startupper italiani. Chi lancia una neoimpresa innovativa ha in media 43 anni, almeno otto volte su dieci è uomo (82%) e nel 73% dei casi possiede una laurea (soprattutto in Economia o Ingegneria). Questi alcuni scatti del ritratto che ministero dello Sviluppo economico e Istat hanno fatto dell'ecosistema italiano delle start up innovative all'interno della Start up Survey 2016, la prima indagine sulle neoimprese italiane che ha visto la partecipazione di 2.250 start up innovative e un tasso di risposta del 43,7%. Questa pubblicazione, secondo il direttore generale per la politica industriale del Mise, Stefano Firpo, «incarna un principio cardine dell'azione di politica industriale condotta al Mise negli ultimi anni: la volontà di fondare i processi decisionali su un approccio scientifico capace di sfruttare il potenziale dei dati. Disegnare le politiche pubbliche sulla base delle evidenze empiriche, monitorarne e valutarne gli effetti in maniera trasparente: tutto questo contribuisce ad alimentare un dibattito informato e ad alimentare la fiducia tra legislatore e cittadini».

Chi lancia una azienda innovativa ha un forte radicamento sul territorio, «nell'83% dei casi la start up è stata fondata in quello che il socio indica come proprio territorio di appartenenza», prosegue lo studio Mise-Istat sulle neoimprese italiane. Molto diversificato è
anche il background familiare degli startupper: «Solo il 20,6% ha un papà imprenditore, il 34,8% è figlio di un impiegato o di
un operaio, mentre il 24,1% di un dirigente o di un quadro». L'indagine si focalizza anche su come si finanziano le start up. Buona parte degli startupper si dichiara pienamente soddisfatto delle fonti di finanziamento a propria disposizione (34,1%), percentuale più elevata al Nord (38,4%) e tra le imprese con fatturato più cospicuo (56%). «In oltre tre casi su quattro, il 100% dei fondi necessari all'avvio d'impresa derivano dalle finanze personali dei fondatori», spiega lo studio, «1 su 4 ha avuto accesso al credito bancario, circa il 15% a finanziamenti pubblici e l'11,2% a finanziamenti in capitale di rischio (inclusi venture capital e Business Angel), le star tup sostenute prevalentemente da investitori in capitale di rischio sono rare (7,3%)».

La grande maggioranza delle start up (68,4%), continua lo studio, non ha neppure cercato finanziamenti da fondi di venture
capital, da altre aziende o con campagne di equity crowdfunding. Secondo Mise e Istat «ben il 65,7% delle imprese dichiara che la
forma di finanziamento ottimale che auspicherebbero è rappresentata da un mix tra equity (capitale di rischio) e debito».

Il 79% delle startup innovative ha dichiarato di avere sostenuto spese in ricerca e sviluppo, mentre il grado di conoscenza delle politiche dedicate alle neoimprese innovative è molto variabile. Le misure valutate meglio dagli startupper sono l'accesso preferenziale al Fondo di garanzia e il credito d'imposta.

Nel quadro che emerge dalla prima indagine Mise-Istat sull'ecosistema delle start up italiane »è interessante notare che si tratta di imprese condotte da giovani che impiegano giovani con elevati livelli di istruzione, consapevoli che le loro competenze sono la stessa motivazione che li ha condotti alla scelta di fare impresa». Così il presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, e aggiunge che gli
startupper «hanno un forte radicamento territoriale, queste imprese sono infatti in gran parte create nei luoghi in cui i fondatori hanno sviluppato le loro competenze». Per quanto riguarda i settori di attività delle neoimprese innovative italiane «c'è un elevata varietà, ma l'utilizzo delle tecnologie è un elemento centrale», ha continuato Alleva aggiungendo che una maggiore presenza di startup, soprattutto di quelle di successo, si ha nel Centro Nord. «In particolare, chi lancia una start up è soddisfatto delle
policy introdotte dal governo e a loro dedicate, soprattutto di quelle che riducono i costi d'apertura delle imprese e facilitano l'accesso al credito», conclude Alleva.



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