giovedì 29 dicembre 2022
Oltre 17mila imprese innovative, contano più di 123mila quote di partecipazione per 81mila soci. Ancora pochi gli unicorni. Tante le iniziative a favore dell'autoimprenditorialità
Le start up italiane hanno bisogno di sostegno

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Le oltre 17 mila imprese innovative presenti in Italia (start up e pmi) contano più di 123mila quote di partecipazione per 81mila soci. E il fenomeno è in crescita: nel 2022 il numero di imprese innovative è aumentato del +6,4% su base annua, le quote di partecipazione dei soci del +12,5% e il numero di soci del +10,1%. Con lo sblocco del Fondo Nazionale Innovazione e l'entrata a pieno regime del Pnrr, l'Italia ha messo a disposizione nuove risorse da cui attingere per accelerare la crescita dell'intero ecosistema start up. Nel corso del 2021 la totalità di start up e pmi del Paese ha prodotto complessivamente 9,5 miliardi di euro di ricavi, in aumento del +4,8% annuo e del +38,8% rispetto al livello pre-pandemico del 2019. Circa un terzo di queste (31,2%) sono partecipate da Cvc-Corporate venture capital: un totale di 5.300 imprese che generano 4,3 miliardi di euro di ricavi, pari al 45,2% dei ricavi totali delle startup e pmi innovative italiane (l'incidenza più elevata tra le categorie di investitori). Le startup e pmi partecipate da Cvc crescono più delle imprese innovative totali, sia in numero (+12,4% contro il +6,4%) sia in termini di ricavi. Anche le performance economiche medie sono positive: il valore della produzione medio delle startup e pmi innovative partecipate da Cvc passa da 5,9 milioni nel 2020 a 7,5 milioni di euro, in crescita del +27,9% così come il valore aggiunto medio (+27,5%). Si mantiene invece stabile, intorno al 54%, la percentuale di imprese Cvc con margine operativo lordo positivo. Sotto il profilo della raccolta di capitale, le imprese CVC si attestano come la categoria più dinamica con 249 milioni di euro di capitale raccolto. In un anno gli investimenti in start up italiane sono cresciuti oltre la soglia dei due miliardi di euro, in controtendenza con quanto accaduto all'interno della maggior parte dei Paesi europei. Ora è fondamentale che le istituzioni mettano a sistema nuove forme di supporto per chi investe in realtà innovative, per esempio coinvolgendo maggiormente i grandi investitori istituzionali tramite deduzioni fiscali o i singolo investitori potenziando l'esenzione della tassazione sui capital gain nei primi anni di attività. Gli investitori di origine corporate sono principalmente società con meno di dieci addetti (il 63,7% del totale investitori Cvc) appartenenti ai servizi non finanziari per il 41,1%, ai servizi finanziari (incluse le holding d'impresa) per il 17,4%, ai servizi informatici per il 12,1% e all'industria per l'11%. I soci corporate investono principalmente in imprese innovative operanti nei settori “software e informatica”, ma non solo. I soci investitori appartenenti all'industria, infatti, differenziano maggiormente le loro partecipazioni e investono per il 29,9% in startup e pmi dell'industria, per il 27,9% in imprese del “software” e per oltre un quinto (21,7%) in quelle della ricerca e sviluppo: questa particolare tendenza sottolinea la capacità dell'industria di sviluppare intorno a sé ecosistemi di natura diversificata per rispondere a esigenze eterogenee. Quasi la metà (47,5%) dei soci Cvc è concentrata nel Nord-ovest Italia, mentre le startup e pmi innovative sono localizzate in maniera più diffusa. Infatti, oltre al Nord-ovest (dove si conta il 35% delle imprese), si registra una considerevole presenza anche nel Sud (25,1%), nel Centro (21,1%) e nel Nord-Est (18,8%). Osservando congiuntamente le due distribuzioni dal report emerge una carenza di potenziali investitori corporate nel Sud, a fronte di un'elevata presenza di imprese innovative nella stessa area geografica. Elevato è il dinamismo intersettoriale, con la gran parte dei soci Cvc che investe in settori diversi dal proprio (81,4%), mentre è più contenuto il dinamismo interregionale (solo il 29,6% dei Cvc investe fuori dalla propria regione). Ben l'81,4% dei soci Cvc ha investito in imprese innovative operanti in settori diversi dal proprio, mentre solo il 29,6% dei soci Cvc ha investito in imprese innovative che hanno sede legale in un'altra regione. Il Corporate Venture Capital in Italia, dunque, si presenta come un fenomeno che si relaziona sul territorio in un'ottica di prossimità e nello stesso tempo punta a investire in settori differenti al fine di diversificare le proprie competenze. Il 27,3% di tutte le start up e pmi innovative italiane risiede in Lombardia, percentuale che sale al 36,5% in termini di quote di partecipazione e al 34,4% in termini di valore della produzione. Il fenomeno è in crescita, soprattutto in termini di ricavi, i quali nel 2021 registrano un incremento annuo del +19,8% (+4,8% la crescita in Italia). Il Cvc nella regione è più diffuso e cresce di più rispetto a quanto accade in Italia: delle 4,7 mila startup e pmi innovative lombarde, il 38,8% è partecipato da investitori Cvc, una percentuale più alta rispetto a quella italiana (31,2%).

In Italia soltanto due unicorni

Tuttavia sono ancora troppo poche le realtà del Bel Paese che riescono a fare la scalata e diventare unicorni - così vengono definite le startup che raggiungono la valutazione di un miliardo di dollari o più. In anni in cui moltissime realtà sono riuscite a diventarlo e ad affermarsi sul mercato, l'Italia è rimasto un passo indietro: ci sono solo due unicorni, Scalapay e Satispay. Mentre in Europa ce ne sono oltre 150: in testa il Regno Unito con 44, a seguire la Germania con 29, la Francia con 25, Svezia e Spagna con otto. Perché, quindi, le start up in Italia non crescono o addirittura falliscono? «Le ragioni risiedono nel nostro sistema burocratico e amministrativo complesso e poco accogliente, tassazione per niente snella rispetto a Paesi come Regno Unito o Stati Uniti, difficile reperimento di capitali internazionali, scarsa cultura del mercato estero». Lo sostiene Massimo Volpe, che nel 2020 ha fondato assieme ad Antonio Ragusa Retail Hub, start up di successo e verticale sul mondo retail che con la piattaforma Innovation Explorer "scova" le più dirompenti e innovative start up, scale up e unicorni - a oggi ne contano circa 2mila provenienti da tutto il mondo e in svariati settori - facendole emergere, accompagnandole nel go to market per poi metterle in contatto con le grandi aziende - per esempio, Parmalat, Carrefour, Yamamay e moltissime altre - che hanno così modo di avere a portata di mano e in maniera mirata le tecnologie di ultima generazione che sempre più spesso è difficile individuare. Il problema è un sistema che non è stato costruito in modo adeguato, o almeno i risultati ancora non si vedono. A dieci anni dalla legge che ha avviato il registro per le start up innovative ciò che emerge è che l'ecosistema italiano è ancora troppo lento. Non si muore, ma nemmeno si cresce. Per fare il salto di qualità occorre moltiplicare ancora di più gli investimenti, arrivando alle decine di miliardi di Paesi come la Francia o il Regno Unito.

Tante le iniziative a favore dell'autoimprenditorialità

Di recente LVenture Group, società di Venture Capital quotata in Borsa Italiana che investe in start up digitali early-stage ad elevato potenziale di crescita, e Wda-Web Digital Advisor hanno siglato una partnership per il lancio di programmi congiunti di innovazione rivolti alle grandi aziende e può prevedere anche l'ingresso di LVenture Group nel capitale di Wda. LVenture Group, con oltre 20 programmi di accelerazione realizzati, ha investito in più di 130 start up e sviluppato più di 60 programmi di co-innovazione con grandi aziende. Con questo accordo Wda, operatore di Venture Building nato a gennaio 2021, vede rafforzarsi ancor di più la propria posizione come principale attore nell'ecosistema italiano dopo il lancio, in soli 24 mesi, di startup che sono state già finanziate e che hanno una presenza solida sul proprio mercato di riferimento come Profit Farm (profitfarm.it), Prime Tutor (primetutor.it) e Starcks (starcks.io).

E poi gli "angeli" delle start up: sono 1.505 in Italia, il 68% al Nord e aiutano nella costruzione di basi solide per il loro sviluppo. Si stima che nel solo 2021 abbiano investito 93,3 milioni di euro. Non sono mossi solo da ragioni finanziarie, più della metà supporta organizzazioni a significativo impatto sociale. E questo vale soprattutto per le Business Angel. Emerge dalla ricerca realizzata dal Social Innovation Monitor (Sim), team di ricerca con base operativa al Politecnico di Torino, con la collaborazione di Angels4Impact, Angels for Women, BusinessAngels.Network, Club degli Investitori, Doorway, Fondazione Giacomo Brodolini, Italian Angels for Growth, Instilla, Lifegate Way, Molten Rock e Social Innovation Teams. Il Report contiene un approfondimento sull'angel investing al femminile. Un fenomeno ancora giovane nel nostro ecosistema, ma il suo potenziale contributo è significativo. Per esempio, le Business Angel guardano al mondo dell'angel investing con sempre maggiore attenzione e potrebbero costituire una chiave di svolta per incentivare l'imprenditorialità al femminile in Italia.

Da segnalare che Frankly, la principale catena italiana di bubble tea, ha annunciato di aver completato un nuovo round di investimento complessivo superiore ai 2,5 milioni di euro con la sottoscrizione di Fondo Rilancio Startup, gestito da Cdp Venture Capital che ha co-investito insieme al fondo Azimut Eltif - venture capital e ALIcrowd II oltre a 110 investitori in crowdfunding. L'operazione è stata coordinata da Growth Capital, advisor leader in Italia per operazioni di finanza straordinaria per start up e pmi. Fondata da Franco Borgonovo e Lati Ting nel 2016, Frankly è la catena di bubble tea numero uno in Italia, nata con la missione di unire culture diverse, in particolare quella asiatica, da cui proviene la ricetta originale della bevanda, e quelle italiana e nordamericana. I fondi raccolti saranno utilizzati per consolidare il piano di espansione a livello nazionale e a livello europeo, per ampliare il team di lavoro e sviluppare la digitalizzazione del business. «Nei prossimi due anni vogliamo aprire 24 nuovi negozi in Italia - spiega Borgonovo - ed esportare il nostro modello all'estero, con l'ambizione di diventare il punto di riferimento anche sul mercato europeo entro il 2025. Siamo molto soddisfatti dei risultati che abbiamo ottenuto quest'anno e abbiamo progetti molto ambiziosi per il futuro. Ed è per noi motivo di orgoglio vedere che tanti investitori riconoscono la credibilità e la solidità del modello Frankly».

Mentre Youthquake, agenzia creativa data-driven, con sede a Milano e Londra, chiude il bilancio del 2022 con un +70% di fatturato La realtà meneghina cresce, inaugurando la sua nuova sede di due piani a Milano in corso XXII Marzo, con un team che oggi conta 30 risorse. Tra i progetti di espansione, sicuramente l’assunzione di nuove risorse, che possano prendere parte ai progetti in essere e alle novità in programma per il 2023. Nel dettaglio, la ricerca si estenderà a Social Media Manager, Data Marketing Scientist, Graphic Designer, sia 2D che 3D, e Digital Marketing Manager, per un totale di sette risorse. La ricerca si aprirà già a partire dal mese di gennaio 2023 (tutti i dettagli relativi alle job position e ai requisiti richiesti saranno pubblicati sulla pagina Linkedin di Youthquake e sul proprio sito youthquake.it).

Vendor, invece, società specializzata in efficienza per l’impresa costituita nel 2012 con sede a Castiglione delle Stiviere (Mantova), apre un ufficio a Roma, che lavorerà in sinergia con la sede centrale. Per questo motivo, sono aperte le selezioni per nuovi profili. Tra le figure ricercate per la nuova sede: due project manager e un business developer. Tutte le posizioni combinano sia lavoro da remoto che in presenza. È possibile candidarsi tramite il form sul sito https://www.vendorsrl.it/join-the-team/ oppure inviando il proprio curriculum vitae a ufficiopersonale@vendorsrl.it.

Infine Aeroporti di Roma ha lanciato la seconda Call for Ideas per selezionare otto nuove start up provenienti da tutto il mondo che avranno l’opportunità di sviluppare i loro progetti direttamente nell’Innovation Hub di Adr di Fiumicino. In questo nuovo round del programma di accelerazione, è previsto non soltanto un sostegno economico maggiore, fino a 105mila euro, di cui 50mila euro nel capitale delle start up selezionate, ma – a fronte di un esito positivo dei progetti – le start up potranno anche contare su potenziali opportunità commerciali fino a due milioni di euro. Fino al 16 febbraio 2023, start up da tutto il mondo potranno proporre idee e progetti per ridefinire l’utilizzo dell’infrastruttura aeroportuale da parte dei passeggeri, valorizzando il miglioramento delle performance e della qualità dei servizi di Adr offerti a passeggeri e vettori, con un percorso sempre più orientato all’Open Innovation. La formula adottata ricalca quella della prima edizione – che ha registrato un grande successo con l’adesione di oltre 100 start up, fondate in gran parte da “under 30” – con alcune novità. Prima fra tutte, in ottica Esg, l’inserimento di criteri di valutazione incentivanti per la Diversity and Inclusion, che prende in considerazione sia le misure adottate dalle start up rispetto a temi quali la parità di genere e l’inclusione, sia i risultati concretamente raggiunti, come la rilevanza della componente femminile e giovanile - under 40 - in termini di partecipazione societaria. È possibile partecipare alla Call For Ideas selezionando l’ambito di lavoro all’interno del sito Adr - www.adr.it/innovation - e sottoponendo il proprio progetto all’interno del portale.



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