sabato 11 giugno 2016
​Tra i suggerimenti: riconoscimento della professione, welfare, contrasto al dumping e qualificazione del lavoro.
Ingegneri e architetti, ecco come affrontare la crisi
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La crisi economica e la contrazione dei consumi hanno avuto un forte impatto sul lavoro indipendente, che nel nostro Paese - ancora oggi - rappresenta un quarto degli occupati. Una quota, ancorché in decrescita, decisamente più elevata della media europea. A farne le spese dunque il reddito dei professionisti autonomi, diminuito tra il 2007 e il 2014 di oltre il 18% (fonte Adepp), e in particolare la categoria degli ingegneri e degli architetti.Questo il quadro generico emerso negli ultimi anni e che Fondazione Inarcassa (braccio operativo sui temi della professione creato da Inarcassa) ha voluto approfondire attraverso uno studio realizzato dalla Fondazione Eyu. Obiettivo: fissare le criticità che hanno portato al deterioramento del terziario avanzato e analizzare l’attuale impianto legislativo che interessa la categoria, anche attraverso la ricerca ragionata di ciò che avviene in Europa.Definita quindi “emblematica” la condizione di ingegneri e architetti, i cui fatturati - tra il 2006 e il 2015 - sono scesi rispettivamente del 23% e del 33%, con un reddito annuo intorno ai 19 mila euro, ossia ben 10 mila euro in meno rispetto alla media europea. In Italia il settore delle costruzioni, da sempre ritenuto strategico per il Paese, ha poi perso il maggior numero di occupati durante la crisi (-24,4%). Un risultato sconfortante, paragonabile solo a quello conseguito dai vicini spagnoli. È chiaro ed evidente che le cause sono state molteplici, a cominciare dalla contrazione dei consumi interni, per passare all’indebitamento sia da parte dei privati sia da parte delle Pa.In Italia il crollo degli investimenti per la progettazione è stato poi del 71% tra il 2006 e il 2015 (fonte Cresme). Un dato a dir poco sconcertante se si pensa che, rispetto all’Europa, nella nostra Penisola vi è, in assoluto, il più alto numero di architetti (oltre 150mila). Una situazione che ha impattato inevitabilmente sulle prestazioni offerte, sempre più legate ad adempimenti tecnico-burocratici (redazione capitolati, perizie eccetera) e sempre meno agli aspetti propri dell’architettura. Anche agli ingegneri le cose non sembrano essere andate meglio. Infatti, nel 2013, il calo dei fatturati è stato del 4,1% per gli iscritti a Inarcassa e del 13,6% per le società di ingegneria. A pesare sui conti di questi professionisti sono stati anche i ritardi nei pagamenti. Basti pensare che - sempre nel 2013 - la percentuale di architetti con crediti residui si è attestata al 68% (+6% rispetto al 2012). Addirittura nel 2015 i giorni necessari per vedersi saldare una fattura da parte della Pa sono arrivati a 141, portando il 31% dei professionisti a indebitarsi con banche e fornitori.In questo panorama, assolutamente negativo, la categoria degli architetti e degli ingegneri,con la proverbiale creatività e fantasia, cerca di superare il profondo malessere attraverso lacreazione di co-working, di nuove forme aggregative e piani di espansione dell’attivitàprofessionale all’estero. Questa difficile trasformazione deve essere, però, adeguatamentesupportata."In questo quadro - Andrea Tomasi, presidente Fondazione Inarcassa - il Jobs act per gli autonomi è certamente sintomo di una nuova attenzione riservata dal governo al mondo delle partite iva e delle professioni ordinistiche, con la finalità di tutelare il lavoro autonomo al fine di riaffermarne la dignità e l’importanza anche per l’economia nazionale. Esso rappresenta anche un primo tassello per la creazione di opportunità di lavoro e per lo sviluppo di filiere produttive nel settore delle costruzioni, con riferimento al quale ci aspettiamo che il nuovo codice degli appalti dia un’effettiva spinta al processo di semplificazione e al riconoscimento del fondamentale ruolo della qualità architettonica, riaffermando così la centralità della progettazione che si è persa in questi anni”.
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