giovedì 21 febbraio 2019
Le scuole sfornano 80mila periti l’anno contro gli 800mila della Germania. Il 53% delle aziende sta implementando i progetti di digitalizzazione, ma non trova i profili
Manca il capitale umano per vincere la sfida 4.0
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Le scuole italiane "sfornano" 80mila periti (di cui abbiamo assoluto bisogno) l’anno, contro gli 800mila della Germania. In Italia abbiamo 18 laureati ogni 100 abitanti contro una media europea di 33. E secondo Giovanni Brugnoli, vice presidente per il Capitale umano di Confindustria, è stato già conteggiato un buco di 193mila posti in 6 settori prioritari del made in Italy di qui ai prossimi tre anni. Con la concreta possibilità di non soddisfare più le richieste soprattutto nell’export. Brignoli, peraltro, sottolinea negativamente il taglio del 50% attuato dall’attuale Governo delle opportunità nell’alternanza scuola lavoro, una forbiciata «che ci stordisce».

È chiaro che al Belpaese serve formazione e che i tempi della cantilena "se non studi ti mando a lavorare!", dovrebbero appartenere ormai alla retorica popolare. Ma di fatto così non è, e troppo spesso viene inseguita una laurea che poi non offre opportunità lavorative immediate. Un quadro allarmante sul quale cercare di intervenire con urgenza. Se ne è parlato ieri a Milano nel corso del convegno Fabbrica digITALIA: new skills, new jobs, l’incontro che ha dato il via a "digITALIA", il progetto biennale finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tedesco (BMBF) e finalizzato allo sviluppo di modelli di formazione duale e continua nei principali settori di Industria 4.0.

«Un progetto italo-tedesco – sottolinea Jörg Buck, consigliere delegato della Camera di commercio Italo-germanica – necessario vista la forza dell’interscambio sull’asse Roma-Berlino. Promuoviamo in Italia – aggiunge – la formazione duale nella quale teoria e pratica, soft e hard skills, aula e azienda coesistono all’interno di un percorso formativo strutturato e calato nella realtà del mercato del lavoro. È questa la nostra risposta alla complessità del fenomeno 4.0».

Le difficoltà di trovare "profili" sul mercato derivano da un problema di scolarizzazione e da un sistema educativo che deve cambiare, in questa fase dove servono sempre più competenze tecniche anche davanti alle prive indicazioni di Industria 5.0. Durante i lavori è stato presentato lo studio "Necessità e bisogni formativi dell’industria nell’era 4.0", realizzato dalla Camera di commercio Italo-germanica in collaborazione con Ipsos e con la partecipazione di Aldai-Federmanager. Risultati abbastanza positivi, perché la ricerca mette in luce una conoscenza diffusa dei modelli di business legati a Industria 4.0, infatti il 95% del campione, costituito per il 66% da aziende con oltre 100 dipendenti, ha dichiarato di conoscere la tematica e il 51% di possedere una conoscenza quantomeno generica delle tecnologie e dei principi coinvolti. Abbastanza cospicua, il 53%, anche la porzione di aziende che sta implementando Industria 4.0 o che si è prefissa di implementarla nel 2019. Tra gli ambiti di applicazione primeggiano data analytics, Internet of Things e i sistemi per la gestione e la profilazione dei clienti.

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