venerdì 29 settembre 2017
Al primo posto si trovano gli analisti e progettisti di software (+22,9mila). A seguire i disegnatori industriali (+20,4mila), le attività sanitarie riabilitative (+18,9mila)
Industria 4.0, ecco le professioni vincenti
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L'impatto della tecnologia digitale sul lavoro non avrà effetti devastanti sull'occupazione, semmai comporterà la necessità per tutti i lavoratori di adeguare, e anche velocemente, le proprie competenze.
Se è vero infatti che molti lavori si avviano a scomparire per effetto dell'automazione dei processi produttivi è altrettanto vero che ne sono nati di nuovi. È quanto emerge da un'indagine dell'Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro, presentato al Festival del lavoro, in corso di svolgimento al Lingotto Fiere di Torino. L'analisi evidenzia che nel periodo 2012-2016 il saldo delle prime dieci professioni altamente qualificate "vincenti", più richieste dalle imprese, è di +141,6 mila dipendenti. Le prime dieci professioni altamente qualificate che, nello stesso periodo, sono entrate in crisi, le 'perdenti', hanno invece bruciato 180mila posti di lavoro.

Alcune regioni del Sud (Sicilia, Puglia e Sardegna) si caratterizzano, per esempio, per una vocazione nelle professioni sanitarie riabilitative, mentre in Toscana crescono i tecnici del marketing (+1,6 mila) e scendono i bancari (-2,7 mila). La Lombardia si distingue invece per la crescita degli analisti e progettisti di software (+10,2 mila) e per la crisi dei segretari amministrativi (-8,2 mila).

L'indagine dell'Osservatorio stila a livello nazionale la classifica nazionale delle prime 10 professioni 'vincenti' e 'perdenti'. Andando a vedere quali sono i profili altamente qualificati più richiesti dalle imprese in questi anni, al primo posto si trovano gli analisti e progettisti di software (+22,9 mila). A seguire i disegnatori industriali (+20,4 mila), le professioni sanitarie riabilitative (+18,9 mila), i tecnici programmatori (+14,1 mila), i tecnici esperti in applicazioni (+13,8 mila), i maestri d'asilo (+12,5 mila), i tecnici del reinserimento e dell'integrazione sociale (+11,8 mila), gli specialisti nell'educazione dei soggetti diversamente abili (+9,6 mila), i tecnici del marketing (+9,4 mila) e gli specialisti nei rapporti con il mercato (+8,1 mila). Restando nello stesso segmento delle alte qualifiche, le professioni più in crisi come dipendenti delle imprese private sono i segretari amministrativi, archivisti e tecnici degli affari generali (-42,4 mila). Seguono i contabili (-30,9 mila), i tecnici statistici (-25,4 mila), i tecnici del lavoro bancario (-16 mila), i tecnici gestori di reti e sistemi telematici (-15,2 mila), gli istruttori di tecniche in campo artistico (-13,8 mila), i tecnici per la trasmissione radio-televisiva e per le telecomunicazioni (-10,9 mila), i ricercatori e tecnici laureati nelle scienze della vita e della salute (-9,8 mila), gli istruttori in discipline sportive (-8,8 mila) e infine i tecnici del trasferimento e del trattamento delle informazioni (-6,9 mila).

Il processo di automazione del lavoro produce effetti anche in Italia e determina la riduzione della domanda di alcune specifiche competenze, ma al tempo stesso genera la crescita della domanda di altre figure professionali, che non sempre sono disponibili sul mercato. L'introduzione delle nuove tecnologie digitali contribuisce a cambiare il mercato del lavoro introducendo nuovi 'stili di lavoro' e competenze trasversali. Il cambiamento è influenzato, ma non determinato in via esclusiva, dall'innovazione tecnologica, che costituisce un aspetto importante, ma che va considerato insieme ad altri fenomeni, come il ruolo dei mercati globali, la produttività, il costo del lavoro, l'ambiente ed i processi di riorganizzazione dei sistemi produttivi. I maggiori fattori di successo delle professioni sono legati a capacità che non possono essere sostituite dalle macchine e che rispondono alla domanda di personalizzazione dei servizi, la persistenza in presenza d'ostacoli, la capacità di usare Internet e in particolare la posta elettronica oppure la creatività e l'originalità nella progettazione e nell'individuare soluzioni. La capacità del personale di non fermarsi di fronte alla prima difficoltà e di persistere nella ricerca e nell'individuazione di una soluzione sono qualità decisive per un'azienda di successo. È infatti questa una capacità molto importante per ben 28 professioni 'vincenti', tra le quali quelle di specialisti nei rapporti con il mercato, tecnici di gestione dei fattori produttivi, professori, fisioterapisti, programmatori, personale addetto a compiti di controllo e verifica, ma anche assistenti sociosanitari che assistono disabili e badanti. Il fattore dell'intelligenza emotiva è una competenza trasversale oggi molto importante e viene valutato come determinante per quasi l'82% di chi svolge le 50 professioni vincenti: la capacità di relazione, il problem solving e l'adattabilità sono fattori decisivi. Un altro aspetto rilevante, che riguarda il 44% di chi svolge le 50 professioni vincenti, è la creatività e l'originalità sia di progettare nuovi servizi e prodotti sia di far fronte ai problemi che emergono dal lavoro, mentre queste qualità non sono richieste al restante 56%, costituito esclusivamente da unità di lavoro che esercitano professioni mediamente non qualificate.

La competitività nell'ambiente di lavoro è una caratteristica abbastanza marginale per le professioni vincenti: solo il 28,4% delle unità di lavoro la ritiene importante. La competizione spinta è stata considerata per decenni la vera anima del lavoro, oggi invece la partecipazione collaborativa dei lavoratori è la chiave del successo dell'impresa. Il rapporto dell'Osservatorio conferma questo fenomeno: al lavoratore del futuro è richiesta la capacità di lavorare in gruppo e di valorizzare l'apporto dei colleghi, non la competitività con i colleghi. Il rapporto evidenzia quindi come il cambiamento in corso possa determinare nuove opportunità se si mettono in campo politiche in grado di innescare il ciclo virtuoso che dal capitale umano genera innovazione, produttività e aumento della domanda. Costituiscono un ostacolo all'attivazione di questo ciclo di sviluppo del lavoro gli inadeguati investimenti in innovazione, ricerca, sviluppo, formazione continua e welfare aziendale.

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