martedì 13 marzo 2018
Ancora alto il divario occupazionale tra generi (48,1% le occupate rispetto al 66,5% degli uomini) e permane quello retributivo
Indagine su donne e lavoro
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I risultati di un'indagine di Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) rilevano che, nonostante il mercato del lavoro penalizzi ancora la componente femminile rispetto a quella maschile, le donne occupate dichiarano di stare meglio “al lavoro” rispetto ai colleghi maschi, hanno maggiori capacità di conciliare vita professionale e vita privata e una maggiore soddisfazione sul lavoro. Nonostante nel 2017 il mercato del lavoro italiano abbia segnato un record storico nel tasso d’occupazione femminile con il 49,1% delle donne 15-64enni occupate nel terzo trimestre 2017, il divario occupazionale tra uomini e donne è ancora alto, attestandosi a 18 punti percentuali nel 2016, con il 48,1% di donne occupate rispetto al 66,5% degli uomini (popolazione 15-64 anni). Nel 2016 il 32,8% delle donne occupate lavorava a tempo parziale, contro l’8,7% degli uomini. Sia per gli uomini che per le donne, la maggioranza degli occupati a tempo parziale preferirebbe in realtà lavorare a tempo pieno: solo il 26% degli uomini e il 42% delle donne occupati part-time lo fanno infatti per libera scelta.

Nel 2016 gli uomini lavoravano mediamente circa 39 ore a settimana, mentre le donne circa 32 ore a settimana, ma queste ultime continuano a dedicare alle attività domestiche e di cura familiare, mediamente, circa tre ore in più al giorno rispetto agli uomini. Costante nel tempo è quindi il divario di genere nel lavoro familiare: nel 2014 fra i 25-64enni il tempo di cura familiare rappresentava il 21,7% della giornata media delle donne italiane (5h13'), al dì là della condizione occupazionale, contro il 7,6% di quella degli uomini (un'ora e 50 minuti) e tale divario si è ridotto, seppur di poco, in 20 anni solo grazie ad un lieve aumento dell’impegno maschile nella cura dei figli.

Permane il divario retributivo. Nel 2016 le donne dipendenti full-time guadagnavano mediamente circa 1.400 euro al mese, mentre per gli uomini il dato si attestava a circa 1.570 euro. «Nonostante le innegabili condizioni di svantaggio - spiega Stefano Sacchi, presidente di Inapp - le donne risultano più soddisfatte rispetto al proprio impiego. Questo ovviamente non basta. Occorrono politiche di impatto per rompere il peso di una tradizione che tende a penalizzare l'occupazione femminile, che resta di quasi venti punti percentuali più bassa di quella maschile: in primo luogo politiche per favorire la conciliazione e servizi di cura sia per i bambini piccoli che per gli individui non autosufficienti, posto che il lavoro di cura grava essenzialmente sulle spalle delle donne. Ma anche azioni positive per l'equilibrio di genere nei ruoli dirigenziali: questo può essere utile per rompere il meccanismo che porta ad adattare le proprie aspettative alla situazione, convincendosi del fatto che oltre un certo livello sia difficile arrivare. Una convinzione che pone un freno alle ambizioni delle donne nel mercato del lavoro».

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