venerdì 9 ottobre 2020
In Italia solamente uno studente universitario su quattro è iscritto a facoltà Stem. Mentre siamo il quarto Paese europeo con la più alta percentuale di donne laureate in materie scientifiche
Sempre più donne laureate in materie Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica)

Sempre più donne laureate in materie Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) - Archivio

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In Italia solamente uno studente universitario su quattro è iscritto a facoltà Stem (gli studenti Stem rappresentano il 27% del totale) e queste statistiche non mostrano un incremento significativo negli anni. Inoltre, di questi studenti, solo uno su dieci è iscritto alle facoltà che rispondono appieno alle esigenze professionali emergenti. Ancora più significativi i dati che prendono in considerazione il genere. «Se sul totale della popolazione studentesca universitaria le donne rappresentano la maggioranza, all’interno del bacino Stem è presente un evidente divario di genere - spiega Stefania Papa, People & Purpose Leader, Deloitte -. Solo uno studente Stem su quattro è donna. Eppure, le donne iscritte a facoltà Stem hanno ottenuto nell’ultimo decennio migliori performance sia in termini di risultati accademici sia di tempi per il conseguimento della laurea, con un voto di laurea medio di 103,4 contro 101,8 degli uomini e un ritardo medio al conseguimento della laurea di 1,3 anni contro 1,5 degli uomini». Sul tema possiamo però prenderci una piccola rivincita sui principali Paesi europei: facendo un confronto, infatti, si nota come l’Italia si posizioni sotto la media continentale per percentuale di laureati Stem (22,5% vs 25%), mentre in termini di divario di genere sia il quarto Paese europeo con la più alta percentuale di donne laureate in materie Stem sul totale dei percorsi. Nonostante esista un potenziale bacino di studenti interessati alle materie tecnico-scientifiche, una percentuale rilevante di questi ultimi ha cambiato rotta nel momento decisivo di iscrizione: due studenti non Stem su cinque, e un giovane occupato su tre, hanno infatti dichiarato di avere avuto un interesse verso le discipline Stem, che non si è mai concretizzato.

Ma quali sono i motivi che allontanano i giovani dalla scelta di percorsi formativi Stem? Chi si iscrive a scuole secondarie non Stem lo fa principalmente perché ritiene che questi percorsi siano maggiormente in linea con le proprie capacità. Nel passaggio all’Università, invece, oltre alla passione per le materie e la coerenza con le proprie capacità, pesa anche la valutazione circa la possibilità di raggiungere la professione ambita. I giovani, infatti, associano al percorso Stem professioni evidentemente poco ambite, in particolare il professore sottopagato, lo scienziato premio Nobel, o l’informatico nerd. «Ancora una volta, questi bias risultano più marcati all’interno dell’universo femminile, in cui si riscontra un minore interesse rispetto ai contenuti Stem (per il 66% delle donne contro il 59% degli uomini) e una maggiore percezione di inadeguata formazione (per il 24% donne contro il 16% degli uomini)», continua Papa. Proprio per comprendere le motivazioni alla base del limitato numero di presenze femminili all’interno dei percorsi Stem, la ricerca ha indagato le percezioni in merito alle differenze di genere dei principali stakeholder intervistati. Nello specifico, nonostante in via generale, i professori ritengono che uomini e donne abbiano la stessa predisposizione alle materie di studio, il 10% dei docenti pensano ancora che le materie Stem siano maggiormente affini agli uomini. Inoltre, i professori di discipline Stem (rappresentati per il 59% da uomini, rispetto ad un 45% di professori uomini per le discipline non Stem), hanno una percezione maggiormente positiva dei risultati accademici ottenuti dagli uomini: solo il 18% dei rispondenti ritiene che le donne ottengano risultati migliori mentre tale percentuale sale al 35% per i docenti non Stem.

E se aziende e professori non riscontrano alcun divario di genere nelle performance, ben un giovane occupato in ambito Stem su tre ritiene che il proprio lavoro sia più adatto alle capacità degli uomini, principalmente a causa di una maggior predisposizione naturale.






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