mercoledì 12 settembre 2018
Secondo Cornerstone, cultura, talento e sistemi It rimangono ancora tra i principali ostacoli alla trasformazione digitale
Innovazione, gestione dei talenti e robotica
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Cornerstone On Demand, azienda leader nel software in ambiente cloud per la formazione e la gestione del capitale umano (Hcm), ha annunciato i risultati dell’ultima indagine europea, condotta in collaborazione con Idc, Future Culture: costruire una cultura di innovazione nell’era della trasformazione digitale. Per il terzo anno consecutivo, Idc ha realizzato uno degli studi più completi su professionisti Hr, responsabili It e manager di linea in aziende con oltre 500 dipendenti. Condotta su un campione di oltre 1.900 intervistati in 14 Paesi europei, Italia compresa, l’indagine fa seguito agli studi “Azienda del futuro e trasformazione digitale: sfide e opportunità per sprigionare i talenti” (Idc, 2017) e “Future People: Le postazioni di lavoro nell’era della trasformazione digitale” (Idc, 2016).

Trasformazione digitale: a che punto siamo?
L’indagine dimostra come la trasformazione digitale sia una delle principali priorità strategiche in tutta Italia. A oggi, solo il 7% delle aziende italiane sostiene di non aver ancora iniziato un percorso di trasformazione digitale, contro il 9% del 2017, a dimostrazione di come, da questo punto di vista, l'Italia stia raggiungendo il resto dei Paesi europei. Tuttavia, confrontando i dati di quest’anno con il sondaggio del 2017, la "resistenza culturale al cambiamento" costituisce ancora la sfida principale delle aziende italiane, che si collocano in cima alla classifica anche nel 2018. Quest'anno le altre sfide che le aziende si trovano ad affrontare sul fronte della trasformazione digitale riguardano i sistemi It legacy (30%); la mancanza di innovazione interna (24%) e la carenza di partnership (20% rispetto all’11% del 2017). È interessante inoltre notare come il numero delle aziende che dichiara di essere incapace di trovare talenti e competenze sia quasi dimezzato, passando dal 26% del 2017 al 14% del 2018. Di seguito, una sintesi degli altri elementi principali emersi dallo studio:

• La selezione interna (52%) e le piattaforme social (43%) costituiscono gli strumenti maggiormente utilizzati per il reclutamento dei talenti in Italia. Anche per la media delle aziende europee la selezione interna rappresenta lo strumento principale per occupare un posto vacante (51%) e l'uso delle piattaforme social per pubblicizzare le posizioni aperte e trovare candidati è più o meno allo stesso livello dell'Italia, con una differenza di soli due punti percentuali (43% in Italia; 41% in Europa). Le aziende italiane utilizzano le piattaforme di reclutamento molto meno delle rispettive controparti europee (37% in Italia; 48% in Europa), e lo stesso vale per le agenzie di selezione: solo il 30% delle aziende italiane intervistate afferma di preferire questo metodo per ricercare i talenti, contro il 43% in Europa.

I requisiti professionali sono l’aspetto più importante per le aziende italiane (52% ). I requisiti scolastici sono, invece, in linea con la media europea del 41%. Tuttavia, mentre le aziende europee ritengono che le capacità di problem solving siano un requisito essenziale nel processo di selezione, le aziende italiane sembrano attribuire a questo aspetto un'importanza decisamente inferiore (il 33% in Italia contro il 38% in Europa).

La formazione sul lavoro costituisce in Italia la pratica più importante per lo sviluppo dei dipendenti (65%). Inoltre, le aziende italiane sembrano attribuire molta importanza ai programmi di formazione e coaching, che costituiscono le tre pratiche di sviluppo più importanti del Paese. Diversamente dalla media Europea, le aziende italiane in genere sfruttano molto meno (13%) i programmi di inserimento (onboarding) rispetto a quelle europee (29%).

Negli ultimi tre anni la revisione annuale ha perso popolarità in Italia, sebbene costituisca ancora una forma di revisione molto diffusa. Nel 2018 molte aziende italiane (43%) hanno adottato cicli di revisione strutturati e regolari con cadenza trimestrale.

Negli studi precedenti Idc ha esaminato il modo in cui Hr, It e il resto dell'azienda lavorano insieme, elemento fondamentale per la trasformazione digitale. I risultati italiani sono superiori alla media europea per l'allineamento tra Hr e It (media di 3,85 in Italia e 3,73 in Europa), così come per l'allineamento tra business e IT (media di 3,87 in Italia e 3,68 in Europa). Lo stesso schema emerge anche per l'allineamento fra HR e business (media di 3,83 in Italia e 3,73 in Europa).

«Ci troviamo oggi nell’era della Skill Economy, caratterizzata da costanti cambiamenti e dalla necessità di adattare continuamente le competenze e di innovare. Tutti concordano sul fatto che l'innovazione sia fondamentale se le imprese devono sopravvivere in un mondo digitale in rapida evoluzione, ma innovazione può essere un concetto astratto e difficile da definire. I risultati dell’indagine mettono in evidenza un chiaro collegamento tra velocità di innovazione e gestione dei talenti e il motivo per cui quest’ultima è così importante - ha commentato Federico Francini, Regional Sales Director, Cornerstone On Demand Italia -. Uno dei principali ostacoli che impedisce alle aziende italiane di portare avanti il proprio percorso di trasformazione digitale è la resistenza culturale al cambiamento. Ad esempio, le aziende italiane sembrano ancora dipendere fortemente da forme di selezione interne, piuttosto che utilizzare agenzie specializzate e piattaforme di reclutamento che possono aiutare a identificare candidati esterni con competenze adeguate, nuove idee e una mentalità innovativa. Per innovare davvero, le direzioni Hr italiane devono incoraggiare il cambiamento e coordinare la gestione dei talenti in tutte le fasi del ciclo di vita del dipendente: dalla selezione all'onboarding, dalla revisione delle performance allo sviluppo. Il coordinamento di questi sforzi aiuterà le aziende a prevedere future carenze di competenze e pianificare i cambiamenti futuri, aumentando al tempo stesso produttività e innovazione».

Inoltre nell’indagine A Future That Works: Automation, Employment, and Productivity, McKinsey ha stimato che a livello globale, il 49% delle attività lavorative potrebbe essere automatizzato con l’ausilio della tecnologia entro il 2055. In particolare, in Italia l’automazione avrà un impatto di circa il 30% sul 60% delle mansioni lavorative; in altre parole, in 6 tipologie di lavori su 10 una buona parte dei compiti sarà eseguito da macchine. Inoltre, sebbene solo il 5% dei lavori potrà essere completamente automatizzato, i lavoratori che dovranno fare i conti con l’automazione sono compresi tra il 49% e il 51% sul totale della forza lavoro in Italia, percentuali equivalenti a ben 11 milioni di persone. Malgrado ciò, molti ancora pensano che il proprio lavoro sarà al sicuro. La verità invece è che molti lavori non lo sono ed è sbagliato cullarsi in un falso senso di sicurezza. I robot, tuttavia, non devono fare paura. La trasformazione digitale sta cambiando le regole del gioco per tutti e quindi è necessario imparare a capire e a muoversi nella cosiddetta Skill Economy. Imparare e sviluppare nuove competenze è la chiave per la sopravvivenza. Una ricerca LinkedIn ha recentemente diffuso la classifica delle 5 professioni a più alta crescita, in cui si annoverano ruoli quali ‘machine learning engineer’, ‘data scientist’ e ‘big data developer’. La maggior parte delle persone non ha certo le competenze per fare questi lavori: cosa fare quindi per prepararsi? Ecco le cinque principali competenze alle quali è consigliabile iniziare subito a lavorare:

1. Personal branding
Essere su Internet significa essere sempre visibili e lasciare costantemente “impronte” dietro di noi. Il modo in cui viene usata questa presenza online è importante. Costruire un personal branding sia all’interno sia all’esterno dell’ambiente di lavoro è ciò che può dare una grande spinta. Per conoscere meglio una persona, spesso la gente cerca su Google. Avete fatto sapere ciò che avete imparato e le nuove competenze che avete acquisito? No? Allora cominciate subito a farvi conoscere.

2. Conoscere l’Intelligenza Artificiale
L’intelligenza artificiale sta penetrando in tutti gli aspetti della nostra vita. Gli esempi più ovvi sono le raccomandazioni di Netflix e i newsfeed Facebook basati sulle nostre preferenze. Dobbiamo comprendere la tecnologia del machine learning e come questa lavora per noi (e come noi lavoriamo per lei). Lavorare con le macchine non significa solo scrivere codici. I sistemi AI imparano dai nostri comportamenti: quindi, per ottenere di più dobbiamo capire la loro intelligenza. I robot non stanno sostituendo gli umani, semmai lavorano con noi per un domani migliore.

3. Costruire il proprio gruppo
Nella nostra vita facciamo parte di diversi gruppi, online e offline. Gruppi di persone con le quali abbiamo qualcosa in comune e con le quali costruiamo “cose”. Possono essere cose fisiche ma anche idee, competenze o conoscenze. Si tratta di creare una comunità e crescere insieme attraverso gli interessi comuni. Ma queste comunità devono essere costruite con uno spirito aperto. Per trarre il massimo da noi stessi e dagli altri dobbiamo lavorare insieme con comprensione e rispetto reciproco. In definitiva, dobbiamo innovare non solo i nostri prodotti e servizi ma anche il nostro atteggiamento.

4. Unire i puntini
Succede facilmente di essere risucchiati in un vortice e concentrarsi sui dettagli, mentre sapere fare un passo indietro, osservare qualcosa di complesso e renderlo semplice è una vera e propria skill. Non è una novità, ma è una competenza importante per potere costruire il futuro e pensare oltre l’ovvio. Richiede immaginazione, creatività e pazienza per scoprire qualcosa che ancora non conosciamo. Come esistono molte strade diverse per raggiungere una destinazione, non esistono risposte sbagliate, alcuni percorsi sono semplicemente più veloci.

5. Maturità emotiva
L’intelligenza sociale, l’intelligenza emotiva e l’empatia non sono cose nuove, ma nel momento in cui la tecnologia rivoluziona lo status quo, queste qualità diventano più importanti che mai. Le soluzioni tecnologiche e l’AI possono portarci lontano, ma abbiamo ancora bisogno dell’uomo.

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