mercoledì 23 settembre 2020
Smart working, benessere dei dipendenti, gestione delle ferie e riduzione della manodopera sono al primo posto tra le priorità delle aziende
Il futuro del lavoro visto dai datori europei

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Littler, il più grande studio di diritto del lavoro, ha pubblicato il suo rapporto di indagine sul Covid-19 in Europa, raccogliendo la voce di oltre 750 dirigenti delle risorse umane in tutta Europa. I dati della survey forniscono un quadro dell'impatto della pandemia sul futuro dell'ambiente di lavoro europeo, in particolare per quanto riguarda il lavoro a distanza, il benessere dei dipendenti, le ferie e la riduzione della forza lavoro. «Sono molte le evidenze interessanti registrate nei diversi Paesi - spiegano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, che guidano Littler in Italia -. L’Europa sembra muoversi, con pochi scostamenti, molto compatta in una direzione molto precisa, con il pieno allineamento dell’Italia nell’innovare modelli di gestione delle risorse umane molto più tradizionali».

Lavorare da remoto
L'improvvisa e letale epidemia di Covid-19 ha costretto molti datori di lavoro ad adattarsi, nel giro di pochi giorni, ad una forza lavoro operante quasi completamente da remoto. Sulla scia di questo brusco cambiamento, gli intervistati si aspettano che la principale conseguenza positiva di lungo periodo della pandemia sul mondo del lavoro sarà una maggiore accettazione dei benefici derivanti dal lavoro a distanza. Inoltre, il 41% dei datori di lavoro intervistati afferma che sta apportando o apporterà modifiche alle proprie politiche di lavoro a distanza per consentire una maggiore flessibilità, a condizione che i dipendenti continuino a dimostrare la loro produttività mentre lavorano da casa. «Le aziende hanno appreso, con sorpresa, che i loro dipendenti possono essere altrettanto laboriosi nel lavoro a distanza e ora il loro compito è quello di adattarsi al lavoro da casa a lungo termine - commenta Paul Quain, partner di Littler Regno Unito -. Per fare ciò, dovranno ripensare molte delle politiche e delle procedure che hanno governato il lavoro d'ufficio per anni: riconoscendo anche che molti aspetti del lavoro a distanza sono regolati da regole uniche e che la legge in questo settore sta cominciando a evolvere ora».

Inoltre, l'80% degli intervistati ha affermato di avere già chiesto di lavorare a distanza - o di prendere in considerazione la possibilità di farlo nei prossimi mesi - a un numero maggiore di dipendenti. Tra le ragioni alla base di queste decisioni ci sono il consentire una maggiore produttività dei dipendenti (41%), affrontare la difficoltà e il costo dell'implementazione di nuove misure di sicurezza (38%) e consentire la chiusura degli uffici (25%). «Il fatto che più di quattro datori di lavoro su 10 credano che il lavoro a distanza promuova una maggiore produttività rappresenta un notevole cambiamento di mentalità - dichiara Anne-Valérie Michaux, partner di Littler in Belgio -. Dato che un numero sempre maggiore di aziende offre opzioni di lavoro flessibili, l'abbinamento di tali offerte diventerà presto una necessità per qualsiasi datore di lavoro in competizione per i talenti, in particolare in un periodo di ripresa economica post-pandemica».

L'atteggiamento dei datori di lavoro europei nei confronti del lavoro a distanza rappresenta un contrasto con le loro controparti negli Stati Uniti. Il Covid-19 Return to Work Survey Report di Littler, completato dai datori di lavoro statunitensi a maggio, ha rilevato che solo il 30% ha pianificato di modificare le proprie politiche per consentire ai dipendenti di continuare a lavorare a distanza a lungo termine (rispetto al 41% in Europa). Ancora, il 52% dei datori di lavoro americani intervistati ha dichiarato che rimarrà flessibile per quanto riguarda il lavoro a distanza soltanto fino a quando la pandemia non si placherà, rispetto al 34% degli intervistati europei che hanno risposto alla stessa domanda.

Inoltre, solo il 50% degli intervistati statunitensi ha dichiarato di avere esteso il lavoro da remoto ad un numero maggiore di dipendenti, rispetto all'80% degli intervistati europei.

«Sui dati che riguardano l’adozione e l’estensione del lavoro a distanza tra Stati Uniti e Europa, con un apparente maggior entusiasmo europeo per il lavoro da remoto, pesa senza dubbio il fatto che negli Stati Uniti, ben prima che da noi, tale modalità lavorativa è stata sdoganata - continuano Majer e Ratti -. Le dimensioni dei centri urbani e le distanze dei centri residenziali dai luoghi di lavoro hanno infatti favorito già da tempo l’adozione di politiche aziendali volte a consentire ai lavoratori di prestare, almeno in parte, la propria attività da remoto, così da coniugare più proficuamente la vita familiare con quella lavorativa».

Il benessere dei dipendenti
A livello aziendale, i datori di lavoro riconoscono sempre più l'importanza di affrontare i temi della salute mentale e del benessere sul posto di lavoro, come chiaramente evidenziato dai risultati della survey europea del 2019, classificando tali temi al di sopra delle molestie sessuali e della parità di retribuzione. Quest'anno, la maggior parte dei datori di lavoro riferisce di aver intrapreso almeno qualche azione per affrontare la salute mentale e il benessere dei propri dipendenti durante la pandemia. Il 57% degli intervistati ha offerto orari di lavoro più flessibili per soddisfare le esigenze personali dei dipendenti, mentre il 51% ha sollecitato un feedback frequente sulla risposta della propria organizzazione alla pandemia. «I risultati del sondaggio suggeriscono un livello di sforzo abbastanza elevato da parte dei datori di lavoro nell’offrire flessibilità e ascoltare le preoccupazioni dei dipendenti per mitigare l'impatto della pandemia sul loro benessere: ma si può fare di più - dice Stephan Swinkels, partner coordinatore internazionale di Littler -. Con il crescente riconoscimento dell'importanza del benessere per mantenere una forza lavoro produttiva e impegnata, i datori di lavoro possono adottare ulteriori misure, come l'offerta di servizi di salute mentale e la formazione dei manager per aiutarli a individuare questi problemi e sostenere i loro team».

Il tema vacanze
Anche la gestione delle ferie si è rivelata una sfida per i datori di lavoro europei. Il 34% degli intervistati ha iniziato a vedere un aumento delle richieste di ferie, facendo registrare problemi operativi per l'82% di essi. Alla soluzione del problema non aiuta peraltro l’avvicinarsi alla fine dell'anno, con un numero sempre maggiore di lavoratori che cerca di recuperare le ferie non godute. «Navigare tra le diverse normative in materia di ferie, insieme alle sfide senza precedenti portate da Covid-19, mette i datori di lavoro in una situazione difficile, senza una chiara condotta da seguire per la gestione ottimale delle ferie retribuite nel periodo finale dell'anno - sottolinea Thorben Klopp, partner di Littler in Germania -. Consentire ai dipendenti di utilizzare il loro congedo retribuito creando il minor disturbo possibile all'azienda richiede una pianificazione ponderata, un'attenta osservanza della legge e una comunicazione proattiva con i dipendenti».

Il sostegno dei governi e riduzione della forza lavoro
All'inizio della pandemia, molti governi europei hanno adottato misure che hanno permesso alle aziende di mantenere l’occupazione garantendo buona parte della retribuzione di base attraverso l’utilizzo di fondi governativi. Queste politiche salariali hanno contribuito a prevenire la perdita diffusa di posti di lavoro nella fase iniziale della crisi, ma molti sostengono che hanno soltanto posticipato le inevitabili riduzioni della forza lavoro e le ristrutturazioni all'interno delle aziende in difficoltà. Tra gli intervistati le cui organizzazioni hanno accettato il sostegno del governo, il 59% prevede di attuare riduzioni di personale alla fine del programma. Solo il 17% degli intervistati si aspetta di poter mantenere la forza lavoro attuale senza aiuti governativi. Inoltre, la maggior parte dei datori di lavoro intervistati si aspetta che le riduzioni avvengano rapidamente - il 63% dice che inizieranno non appena la legge lo permetterà, prima della fine dei programmi governativi o entro due settimane dalla loro scadenza. Solo il 10% si dice pronto ad attendere un arco temporale di tre mesi o più. «Con l'aggravarsi dei danni economici della pandemia e senza che la crisi abbia fine, molti datori di lavoro europei sono costretti a prendere decisioni difficili su potenziali riduzioni della forza lavoro - conclude Guillaume Desmoulin, partner di Littler in Francia -. Tutto ciò è ulteriormente complicato dalla necessità di orientarsi tra i requisiti di legge in vigore nei vari paesi in cui operano».

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