giovedì 10 maggio 2018
L'88,2% ritiene che avere personale con disabilità produce un impatto positivo per le stesse capacità manageriali
Per due manager su tre sono un'opportunità
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Avere dei colleghi di lavoro con disabilità determina ricadute positive concrete su tutti i dipendenti. Ne sono convinti i due terzi dei manager italiani (65,2%), che tra le motivazioni parlano di «compiti distribuiti in modo più equo, spazi organizzati in modo più razionale, con interventi migliorativi in termini di arredo o illuminazione, e sviluppo di nuove forme organizzative di lavoro (dal telelavoro allo smartworking)». Non solo. La stragrande maggioranza dei manager (88,2%) ritiene che avere personale con disabilità produce un impatto positivo per le stesse capacità manageriali: «Ho imparato a organizzare il lavoro in maniera più efficiente», «Ho imparato a semplificare i processi», «Ho imparato a valutare meglio le persone». È quanto emerge dall'indagine I manager e la gestione dei lavoratori con disabilita condotta su mille manager aderenti a Manageritalia da Astra Ricerche per conto di Aism, Prioritalia-Manageritalia e Osservatorio Socialis.

«Le aziende di oggi hanno bisogno di nuove leve per uno sviluppo sostenibile - ha commentato Paolo Bandiera, direttore Affari Generali Aism - e hanno compreso l'opportunità che può derivare dall'ascoltare le esigenze dei dipendenti con disabilità. Su questo terreno abbiamo costruito una serie di corsi di formazione dedicati, su temi quali la diversità come valore aziendale, la presa in carico e l'individuazione di soluzioni organizzative, le clausole di flessibilità per la conciliazione vita-lavoro, le competenze necessarie ai medici del lavoro». I manager intervistati, dunque, affermano all'unanimità che abilitare la disabilità sul lavoro è possibile e richiede un cambiamento organizzativo vantaggioso per tutti.

«È un'opportunità che va verso quel nuovo lavoro che serve per competere - ha proseguito Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia - e deve mettere in campo una vera e nuova managerialità, così scarsa nel nostro Paese fatto di troppe piccole e medie imprese familiari, capace di coniugare i nuovi modelli di business e organizzativi con empowerment e motivazione dei collaboratori, per farli crescere e dare senso al loro lavoro».

Secondo l'indagine condotta da Astra Ricerche, ancora, l'82,5% dei manager dice di non aver mai osservato fenomeni di esclusione dalla vita aziendale del disabile
. La percentuale è confortante, anche se certifica che l'esclusione resta un problema in almeno un'azienda su cinque. I dirigenti intervistati ritengono quindi che l'assunzione e la presenza di disabili in azienda sia primariamente da intendersi come parte del normale funzionamento organizzativo (43,6%), un valore aggiunto per la crescita dell'organizzazione (31,5%) e, solo come buon ultimo, l'adempimento di un obbligo (24,9%). Tant'è che metà degli intervistati (49,7%) ritiene che la gestione dei disabili sia molto (9,1%) o abbastanza (40,6%) strategica per l'organizzazione. E sempre per i dirigenti la gestione della disabilità nei luoghi di lavoro è una questione che va affrontata organizzativamente e culturalmente, non tanto con una figura manageriale specifica e dedicata (51%), quanto con una funzione manageriale più ampia (54,6%), come un diversity manager o capability manager.

Tra i miglioramenti e gli aiuti suggeriti per evolvere in questa direzione ci sono informazione, competenza e cultura: per il 74,8% degli intervistati è importante la promozione di momenti informativi e formativi di tutto il personale sulla disabilità in azienda. Per il 76,2% dei manager è inoltre indispensabile la gestione delle tematiche legate alla disabilità in azienda, perché queste impattano già oggi e ancor più in futuro sul miglioramento delle performance aziendali (65,2%). Infine, per un'ampissima maggioranza (82,6%) le competenze ed esperienze di associazioni non profit che si occupano di persone con disabilità possono contribuire a «una maggiore conoscenza e informazione sulla gestione della disabilità in azienda».

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