sabato 17 agosto 2013
​La media europea è di tre, con punte di quattro in Gran Bretagna e Spagna. E tra i lavoratori italiani laureati, molti svolgono attività che richiedono competenze minori: un fenomeno questo in forte aumento negli ultimi anni.
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​In Italia meno di due lavoratori dipendenti su dieci (nel settore privato) sono laureati, contro una media europea di tre e punte di quattro su dieci in Gran Bretagna e Spagna. E tra i lavoratori italiani dotati di laurea, molti svolgono attività che richiedono competenze minori: un fenomeno questo in forte aumento negli ultimi anni. È quanto emerge dal Rapporto Unioncamere 2013. Nel 2012 meno di un occupato su cinque (il 18,7%) nella fascia tra i 15 e i 64 anni, in Italia poteva vantare un titolo di livello universitario, meno della metà del Regno Unito (39,9%) e della Spagna (39,5%), molto al di sotto del 35,2% della Francia e oltre 10 punti sotto la Germania (28,9%). In parte, tale squilibrio nel settore privato, riflette la maggiore età media degli occupati italiani - rileva lo studio Unioncamere - poiché i più anziani tendono ad avere livelli di istruzioni più bassi dato che la scolarizzazione di massa è un fenomeno relativamente recente in Italia. Restringendo alla fascia 25-49 anni, quella maggiormente attiva e più giovane, il quadro però non migliora molto: i laureati italiani rappresentano solo il 20% degli occupati in Italia, contro una media europea del 34,7%; aumenta la distanza con la 'colta' Gran Bretagna dove poco meno della metà (45,5%) dei lavoratori è laureata, seguita a breve distanza dagli spagnoli (43,8%) Inoltre, tra i laureati italiani, sono rari quelli in materie tecnico-scientifiche, più facilmente spendibili sul mercato del lavoro. D'altra parte - indica ancora Unioncamere - molti di questi laureati spesso fanno lavori sottoqualificati, svolgono cioè attività per le quali sono richieste competenze inferiori. Il fenomeno del sottoinquadramento è aumentato negli ultimi anni in Italia, quale manifestazione del disallineamento tra la domanda e l'offerta di competenze sul mercato del lavoro. È il risultato di due situazioni: da una parte una scarsa offerta di opportunità lavorative per i laureati; dall'altra, una crescita dei livelli medi di istruzione e della relativa offerta di lavoro, sebbene con ancora un ampio gap rispetto agli altri paesi europei. Sebbene investire in istruzione paghi ancora aumentando le probabilità di ingresso nell'occupazione, a parità di condizioni alcuni studi hanno evidenziato come, negli ultimi decenni, il differenziale salariale associato al possesso di un titolo di studio si sia decisamente ridotto, soprattutto per i diplomati. In altre parole, investire in capitale umano paga sempre ma meno che in passato: i dati Ocse evidenziano come il tasso di rendimento interno degli investimenti in istruzione universitaria sia decisamente inferiore rispetto ad altri Paesi avanzati, per gli uomini ma soprattutto per le donne. Tuttavia, la compressione dei rendimenti interessa meno le lauree a indirizzo scientifico, la cui offerta resta ancora più contenuta, mentre è maggiore per le lauree a indirizzo umanistico.
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