mercoledì 9 agosto 2017
A luglio di due anni fa il Patto per il lavoro sottoscritto dalla Regione con altri 50 firmatari per creare sviluppo e occupazione
La sede della Regione Emilia Romagna a Bologna

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L’Emilia-Romagna fa ancor più gioco di squadra, dai territori alle Università, dai sindacati alle imprese. Un gioco che ha portato anche una forte accelerazione sull’applicazione del Patto per il lavoro, che la Regione sottoscrisse nel luglio 2015 con 50 firmatari per creare sviluppo e occupazione. In questi due anni sono stati creati 81mila nuovi posti di lavoro. E nell’ultimo anno, informa una nota della Regione, «sono saliti a 15,1 miliardi gli investimenti attivati per gli oltre 200 interventi avviati in tutti i settori, dalle opere pubbliche alla mobilità, dalla tutela del territorio alle politiche abitative, la ricerca tecnologica, l’innovazione e l’internazionalizzazione del sistema economico-produttivo, la formazione, la sanità e il welfare: si tratta di 1,6 miliardi di euro in più rispetto al luglio 2016».

Così come salgono a 1,5 miliardi, aggiunge ancora la nota, i fondi europei messi a bando sui 2,5 dell’intera programmazione 2014-2020 (+500 milioni in un anno), di cui un miliardo impegnato a cui aggiungere 660 milioni di cofinanziamenti privati (+313 milioni sempre rispetto al luglio 2016).

Quanto ai destinatari degli interventi, quelli a persone e famiglie valgono 3,1 miliardi, poi 6,7 miliardi per il territorio, 4 miliardi per le imprese e 1,2 miliardi per gli enti locali. Politiche integrate e un fare rete la cui efficacia è dimostrata anche dal fatto che le risorse destinate al Patto sono salite a 17,8 miliardi di euro, 2,8 in più rispetto ai 15 inizialmente previsti nel 2015.

Fondi regionali, europei, statali, di altre amministrazioni pubbliche, società partecipate e privati messi in moto grazie a nuovi progetti: 1,5 miliardi solo per infrastrutture ma non meno importanti sono quelli, fra gli altri, per l’edilizia pubblica (in particolare quella sanitaria con 500 milioni e 150 per quella scolastica) o per il Data centre del Centro meteo europeo in arrivo a Bologna (40 milioni stanziati dal governo per l’allestimento al Tecnopolo all’ex Manifattura Tabacchi).

«Uno sforzo congiunto che ha consolidato sia la crescita dell’economia regionale (+1,4 il Pil dell’Emilia-Romagna nel 2016, il più alto fra le Regioni italiane e ben oltre lo 0,9% nazionale) sia l’aumento dell’occupazione: 46.600 nuovi posti di lavoro nel primo trimestre 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+2,4%), per un tasso di tasso di occupazione del 68,3% che pone l’Emilia-Romagna al primo posto in Italia, dove ha raggiunto il Trentino Alto Adige, e un tasso di disoccupazione medio annuale negli ultimi 12 mesi sceso al 6,6%, lontano dal 9% di inizio legislatura, gennaio 2015, e inferiore sia a quello del Veneto (6,7%) che della Lombardia (7,2%)», spiega la nota.

Complessivamente, dal confronto tra primo trimestre 2015 e primo trimestre 2017 emerge come nei due anni di applicazione del Patto si siano registrati oltre 81mila nuovi posti di lavoro e nel 2016 17.400 occupati in più rispetto a quelli del 2008, anno che precedette l’avvio della crisi economica internazionale.

I dati emergono dal quarto monitoraggio semestrale sull’andamento del Patto per il lavoro, appuntamento che cade a due anni dalla firma e che ha visto il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, fare il punto sulla applicazione dell’accordo con i firmatari dell’intesa (organizzazioni sindacali e datoriali, associazioni, Terzo settore, Camere di commercio, Università, Ufficio scolastico regionale, Province, Città metropolitana di Bologna e Comuni capoluogo) riuniti nella sede della Regione, a Bologna. Con lui l’assessore al Coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, ricerca e lavoro, Patrizio Bianchi, e altri assessori.

«Siamo di fronte a un grande sforzo collettivo che vede protagonista l’intera società regionale - ha affermato Bonaccini - un’azione comune e condivisa che in due anni ha prodotto risultati straordinari: quasi 47mila nuovi posti di lavoro nel primo trimestre dell’anno e oltre 81mila in ventiquattro mesi, per una occupazione per è tornata ai livelli pre-crisi e un tasso di occupazione che porta l’Emilia-Romagna al primo posto in Italia, con la disoccupazione media scesa al 6,6% dal 9% di inizio legislatura. Un impegno che, insieme, rilanciamo con altri 2,8 miliardi di euro di investimenti, che portano le risorse complessive del Patto per il lavoro a quasi 18 miliardi di euro. Una politica di investimenti pubblici che si basa sul dialogo sociale, il confronto e il fare rete: con imprese, sindacati, enti locali, università e terzo settore stiamo davvero facendo crescere i nostri territori, creando buona occupazione. Una coesione che ci rafforza nella convinzione di poter centrare l’obiettivo di portare la disoccupazione al 5% nel 2020».

«Focalizziamo ora l'attenzione su occupazione dei giovani, delle donne e dei territori che escono dalla crisi con più difficoltà - ha precisato Patrizio Bianchi, assessore regionale a coordinamento delle Politiche europee allo sviluppo, Scuola, Formazione professionale, Università, Ricerca e Lavoro - puntando a più integrazione delle politiche, più apertura del territorio e del sistema in termini di attrattività e internazionalizzazione e più innovazione per aumentare il valore aggiunto che è traino della crescita».

Il Patto per il lavoro prevede «il coinvolgimento delle parti firmatarie per un confronto preventivo sui contenuti delle principali azioni e dei provvedimenti da intraprendere in attuazione e in coerenza con quanto condiviso», ha spiegato.

Gran parte degli interventi avviati sono stati oggetto di un confronto preventivo che ha visto coinvolti, in diversa misura, tavoli già formalizzati e, più in generale, soggetti del partenariato istituzionale, economico e sociale. Fra gli altri, si sono registrati 70 interventi sui quali c’è stato un confronto preventivo con le rappresentanze sindacali, 57 col Tavolo regionale dell’imprenditoria, altrettanti con la Consulta regionale agricola (50) e con l’associazionismo e il terzo settore (50), oltre 100 con i Comuni e gli organismi di rappresentanza degli enti locali e 15 con la Conferenza Regione-Università.

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