mercoledì 19 novembre 2014

Oggi sono 2,5 milioni gli occupati tra sanità e assistenza. Con l'invecchiamento della popolazione arriveranno  a essere 3 milioni tra cinque anni

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Sono 2,5 milioni in Italia gli occupati nelle professioni bianche, ovvero nei lavori nei servizi sanitari, sociali e di cura volti a garantire la salute e il benessere delle persone. Un settore che, nel 2020, potrebbe arrivare a circa 3 milioni e che produce 98 miliardi di valore aggiunto, pari al 7% del prodotto complessivo del Paese. È quanto emerge dal Rapporto di Italia Lavoro sui" White Jobs", presentato ieri a Roma."L'aumento è legato all'invecchiamento della popolazione - si legge nel Rapporto - che genera una domanda crescente di servizi sanitari, sociali e personali, e alla maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che determina la necessità di acquistare i servizi sostitutivi del lavoro domestico". "Non stupisce che a fonte di queste rapide trasformazioni demografiche - spiega Paolo Reboani, presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro- i white jobs abbiano un peso sempre più importante nel mercato del lavoro italiano e che i settori dei servizi sanitari, sociali e alla persona registrino una crescita del 70% rispetto al 2000".Sono settori nei quali prevale un'occupazione stabile, dal momento che i lavoratori dipendenti sono in larga maggioranza (89%) e il 91% di loro è assunto con contratto a tempo indeterminato. Non si può non osservare però che la sostenibilità del sistema si regge anche su quasi un milione di volontari che prestano la loro opera gratuitamente soprattutto nelle istituzioni non profit."Sono coinvolte nei white jobs le professioni più qualificate come quelle dei medici e dei tecnici dei servizi sanitari e sociali - continua Reboani - ma anche quelle non qualificate degli addetti aiservizi domestici e alla persone. Il livello d'istruzione di questi lavoratori è nettamente superiore a quello complessivo, dal momento che solo un quarto ha conseguito al massimo la licenza media, il 39% è diplomato e il 35% ha la laurea. E desta una certa sorpresa che anche - avverte - il 10% del personale domestico abbia il titolo terziario".Italia Lavoro ricorda anche la proposta di voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia presentata da parlamentari di molti gruppi politici, la cui sperimentazione è prevista dal governo nelle linee guida per la riforma del Terzo settore, come strumento d'infrastrutturazione del "secondo welfare" e per "valorizzare lo straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell'economia sociale.
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