giovedì 25 ottobre 2012
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«Più aumentano i bisogni a causa della crisi, più diminuiscono le risorse. Ma fare politiche sociali senza fondi è impossibile». Il monito di Lorenzo Guerini, sindaco di Lodi e delegato dell’Associazione nazionale dei Comuni al Welfare, ha un destinatario chiaro: il governo, anzi i governi che dal 2008 a oggi hanno usato l’accetta per ridurre i trasferimenti dallo Stato centrale alla periferia. «Oggi abbiamo fondi a sostegno del sociale che sono pari al 10% rispetto al 2008: allora era un miliardo e mezzo, adesso sono 170 milioni. Per non parlare del Fondo nazionale per le politiche sociali e del Fondo per le persone non autosufficienti, il cui contributo effettivo è ormai simbolico».Le cooperative sociali prevedono tagli occupazionali pesantissimi e il blocco dei servizi sociali per mezzo milione di famiglie. Che effetti ci saranno invece sulle casse comunali?Oggi la spesa sociale è la prima spesa dei Comuni italiani e il mantenimento del sistema di welfare locale è in testa alle preoccupazioni di migliaia di sindaci. Con l’aumento dell’Iva sulle coop, i problemi si moltiplicano: in questi anni abbiamo già assistito alla trasformazione dei Comuni in cattivi pagatori e adesso il rischio è quello di procedere sempre di più con gare al massimo ribasso. Faremo sempre più fatica a pagare i servizi erogati e contemporaneamente un incremento così sostanzioso dei costi metterà in ulteriore pericolo i conti dei Comuni sulle politiche sociali.Cosa può fare realisticamente il governo?Deve immaginare un intervento di carattere straordinario, lavorando nell’immediato per ripristinare una dotazione significativa dei fondi. Poi va rivisto il provvedimento sull’Iva, visto che non c’è una procedura di infrazione comunitaria in corso, ma solo una semplice richiesta di chiarimento. La sensazione è che ci si nasconda dietro l’Europa per non affrontare i problemi.Ma il nostro sistema di welfare è riformabile in una fase come questa?Io mi chiedo piuttosto quale sia il modello che ha in mente Palazzo Chigi e devo dire, per quel che vedo, che non si tratta di un modello di welfare moderno, inclusivo e in grado di fare rete con le organizzazioni del terzo settore. Poi c’è il ruolo dell’Inps, a cui spettano i trasferimenti monetari verso le singole persone che spesso non sono selettivi come dovrebbero. In questi anni si è pensato a fare tagli in direzione degli enti locali senza chiedere maggiore efficacia ed efficienza a molti uffici dello Stato centrale.Quanto hanno pesato i vincoli imposti dal Patto di stabilità?Senza dubbio, se ci fosse stato un allentamento dei vincoli, si sarebbero potuti fare più investimenti anche in tema di welfare. Più di tutto, però, ha pesato il carico complessivo delle manovre che ha portato a un quasi azzeramento dei fondi a favore delle fasce più deboli. La verità è che le politiche sociali sono il grande assente nell’agenda della politica nazionale e noi sindaci siamo lasciati da soli in trincea. Ieri come oggi.
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