mercoledì 21 novembre 2012
​Se non saranno dissequestrati gli impianti, lo stabilimento chiuderà: è scritto nell'istanza di dissequestro presentata dagli avvocati del gruppo siderurgico. Nuovo tavolo tra rappresentanti dei lavoratori e dell'impresa il 28 novembre.
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​Se non saranno dissequestrati gli impianti, l'Ilva chiuderà lo stabilimento di Taranto. È scritto nell'istanza Ilva di dissequestro: "L' ovvia insostenibilità economico-finanziaria delle condizioni di esercizio condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell'attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo". Intanto non è stata raggiunta l'intesa sulla cassa integrazione. "Dopo una lunga discussione ci siamo aggiornati al 28 novembre, ma si va verso un non accordo sulla cassa integrazione. L'azienda andrà avanti, ma senza il consenso del sindacato". Lo ha detto il segretario provinciale della Fim-Cisl di Taranto, Mimmo Panarelli, al termine dell'incontro che si è tenuto nello stabilimento tarantino tra i rappresentanti dei sindacati metalmeccanici (presenti anche il segretario della Uilm, Antonio Talò, e il segretario della Fiom Cgil, Donato Stefanelli) e i dirigenti dell'Ilva Enrico Martino (capo del personale) e Mimmo Liurgo (responsabile delle relazioni industriali) per discutere della cassa integrazione annunciata dall'Ilva per 1.942 lavoratori dell'area a freddo. "Abbiamo parlato anche della situazione dei lavoratori degli impianti sottoposti a sequestro - aggiunge Panarelli - e manifestato all'azienda le nostre perplessità per quanto abbiamo letto in merito all'istanza di dissequestro. In sostanza l'azienda non avvia il piano di risanamento se non ha la piena disponibilità degli impianti. È una cosa assurda e vorremmo che anche il governo si esprimesse per dirimere la questione".
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