sabato 20 marzo 2021
Contestato il mancato versamento dei 400 milioni da parte dello Stato in base all'accordo di dicembre. Il governo Draghi studia il dossier
Un nuovo intoppo dell'intricata vicenda dell'ex Ilva. ArcelorMittal riduce la produzione

Un nuovo intoppo dell'intricata vicenda dell'ex Ilva. ArcelorMittal riduce la produzione - Ansa

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Ancora un corto circuito nell’intricata vicenda dell’ex Ilva. Invitalia, società del Mef, tarda a versare i 400 milioni di euro che porteranno lo Stato ad acquisire il 50 per cento del controllo della società siderurgica, e la proprietà ArcelorMittal annuncia l’intenzione di rallentare la produzione e gli investimenti del piano ambientale. Stamattina ArcelorMittal ha ufficializzato la sua decisione, ma le avvisaglie c’erano già state ieri con la comunicazione che l'azienda ha fatto ai sindacati e alle imprese dell'indotto-appalto. Ai sindacati, ArcelorMittal aveva comunicato che gli impianti per i quali era stato programmato il riavvio, come l'acciaieria 1, il treno nastri 2 e il tubificio Erw, non sarebbero ripartiti. Ma oggi pomeriggio ha cambiato idea annunciando una graduale ripresa del funzionamento degli impianti. Alle imprese, invece, ArcelorMittal ha comunicato che si fermano da lunedì i lavori di messa a norma degli impianti secondo le prescrizioni del piano ambientale normato anche da un Dpcm del 2017. Un contraccolpo pesante per una fabbrica già stremata, con un conflitto sindacale aspro, e che viene da un anno che ha visto la produzione al minimo storico, scesa a 3,2 milioni di tonnellate.

L'annuncio del colosso dell'acciaio: la produzione rallenta ancora. Oggi ArcelorMittal ha dichiarato che «nonostante la natura vincolante dell'accordo, ad oggi Invitalia non ha ancora sottoscritto e versato la sua quota di capitale e quindi non ha adempiuto agli obblighi previsti dall'accordo». Per ArcelorMittal, «questo persistente mancato adempimento sta seriamente compromettendo la sostenibilità e le prospettive dell'azienda e dei suoi dipendenti». Il colosso dell’acciaio inoltre non ha versato ad Ilva in amministrazione straordinaria la rata del canone di affitto degli impianti per il trimestre febbraio, marzo, aprile che scadeva a febbraio. Si tratta di circa 25 milioni di euro, importo dimezzato rispetto alla cifra originaria. Non sarebbe state versata nemmeno la rata - anche questa in pagamento a febbraio e di altri 25 milioni di euro - relativa ai cosiddetti «beni esclusi», cioè magazzino e pezzi di ricambio.

Cosa prevede l'accordo del 10 dicembre. L'accordo relativo ai 400 milioni, e quindi all'ingresso dello Stato in ArcelorMittal attraverso Invitalia, è dello scorso 10 dicembre dopo un braccio di ferro durato mesi e riprende le linee di un precedente accordo del 4 marzo 2020 tra ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti dati in affitto da novembre 2018 al gruppo Mittal.L'accordo prevede sostanzialmente due step: il primo sono i 400 milioni, con lo Stato che acquisisce il 50 per cento della governance. Il secondo, invece, entro maggio 2022 prevede un secondo intervento sul capitale da 680 milioni con lo Stati che passerebbe al 60 per cento. L'accordo è vincolato ad un nuovo piano industriale e ad una produzione a regime nel 2025 di 8 milioni di tonnellate di acciaio col mantenimento degli attuali occupati di gruppo (10.700).

Il versamento dei primi 400 milioni doveva essere effettuato a fine gennaio, dopo l'autorizzazione antitrust dell'Unione Europea che è arrivata in tempo e poi è stato prorogato a fine febbraio. Riscontrato il mancato versamento, ArcelorMittal ha così scritto ad Invitalia annunciando il ricorso ad un arbitrato e chiedendo gli interessi. Ma ciò che ha spinto l'azienda a ridurre il passo di marcia del gruppo è stato il fatto che dal vertice interministeriale di un paio di giorni fa sulla siderurgia, presenti anche Cdp e Invitalia, non è uscita alcuna fumata bianca sull'erogazione dei 400 milioni.

I dubbi del governo Draghi. Se inizialmente il governo Draghi aveva manifestato cautela rispetto ad un impegno assunto dal governo Conte per approfondire il dossier, adesso sembrerebbe che l’esecutivo voglia riesaminare il tutto. In ballo per metà maggio un pronunciamento del Consiglio di Stato chiamato ad esprimersi, nell'udienza di merito, circa la sentenza del Tar Lecce dello scorso 13 febbraio che ha ordinato lo spegnimento in 60 giorni degli impianti ritenuti inquinanti (sentenza che il Consiglio di Stato ha per ora sospeso). Ma al di là del nodo giudiziario, il governo starebbe riflettendo su come migliorarare il piano industriale frutto dell'accordo ArcelorMittal-Invitalia mettendolo più in sintonia con la transizione ecologica (al vertice di due giorni fa ha partecipato anche il ministro Roberto Cingolani) e col Recovery Plan.

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