sabato 18 agosto 2012
​Dopo i consensi raccolti in Rete, le «dotcom» hanno provato a replicare il successo sul mercato, uscendone con le ossa rotte. Dopo il celebre social media creato da Mark Zuckerberg, crolli record anche per gli altri titoli hi-tech. Unica eccezione LinkedIn, cresciuta del 100%.
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Quotazioni da record, attese sopra la media, conti che si inceppano e poi la prima caduta. O meglio il tonfo, con il titolo che precipita in Borsa. Arrivano così i primi sintomi dello "sboom" delle nuove aziende 2.0 che, dopo i consensi raccolti sul Web, hanno provato a replicare il successo anche sul mercato, uscendone con le ossa rotte. Solo in questa settimana sono state in due, prima Groupon e poi Facebook. E ora anche le altre iniziano a tremare.Martedì, dopo la pubblicazione di un bilancio sotto le attese e previsioni di crescita al ribasso, il titolo dell’azienda che vende coupon online è precipitato del 27% a Wall Street. Ora un’azione vale 5,46 dollari, al suo debutto nel novembre 2011 il prezzo era di 20 dollari: in pratica un crollo della quotazione quasi del 73% nel giro di nove mesi. Appena un anno fa Google aveva messo sul piatto 6 miliardi di dollari per rilevare Groupon, oggi l’azienda di Chicago ne vale poco più di 3.Stesso destino sembra toccato a Facebook che, dal giorno della sua quotazione lo scorso 17 maggio, inanella una delusione dietro l’altra. Il prezzo del collocamento (fissato a 38 dollari per azione) era subito sembrato troppo ambizioso. Poi, nei mesi successivi, il titolo è calato progressivamente fino ad arrivare a circa 20 dollari, la capitalizzazione di mercato si è più che dimezzata (dai 104 miliardi dell’Ipo agli attuali 42,6 miliardi) e il gruppo di Menlo Park ha chiuso in rosso i conti del secondo trimestre dell’anno. L’altro ieri l’ennesima batosta con la fine del lock-up, ovvero l’obbligo che impone ad alcuni tra i soci più importanti di non vendere le proprie azioni per un certo periodo. In molti ne hanno approfittato per vendere e così il titolo è arrivato in una sola giornata a cedere fino al 6,7%. Il prezzo di un’azione ora è esattamente il 50% del prezzo di collocamento e ieri il titolo ha aperto a Wall street a 19,9 dollari.Lo stesso Mark Zuckerberg ha ammesso che è «doloroso» vedere come gli investitori continuino a ritirarsi dal titolo. Anche perché il numero uno del social network possiede circa 443 milioni di titoli di Facebook, oltre a circa 60 milioni di opzioni non esercitate. Per questo il fortissimo ribasso del titolo sta pesando anche sulle sue tasche: secondo Bloomberg, il calo dell’altro ieri gli è costato 600 milioni di dollari, facendo scendere il suo patrimonio a 10,2 miliardi di dollari (a marzo era valutato 17,5 miliardi).Le prossime scadenze nei mesi di ottobre, novembre e dicembre permetteranno a Zuckerberg e agli altri dipendenti di vendere più di 1,4 miliardi di azioni. L’ultimo blocco scadrà nel maggio 2013. Intanto il social network deve fare i conti con il segno meno, frutto forse di un modello di business da rivedere, delle promesse mancate della pubblicità sui dispositivi mobili e della concorrenza. Ma soprattutto di una quotazioni iniziale esagerata.Di sicuro, però, Groupon e Facebook non sono da sole. Sono tante le società del web che dalla loro quotazione hanno iniziato a vedere nero: Pandora Radio, un servizio radio trasmesso via Internet ha visto scomparire il 42% della sua capitalizzazione in poco più di un anno, e Zynga, il colosso dei giochi online, ha mandato in fumo il 71% del suo valore di mercato in appena otto mesi. Oltre al rosso del secondo trimestre del 2012 e alle prospettive di ridimensionamento, molti vedono la perdita di Zynga legata proprio all’andamento di Facebook, dove "girano" la maggior parte dei prodotti dell’azienda: le sue azioni hanno perso i due terzi dallo sbarco in Borsa dello scorso dicembre, e ora sono valutate poco più di 3 dollari.L’unica controcorrente sembra essere LinkedIn che ha chiuso una trimestrale da record, ha rivisto al rialzo le stime per l’intero anno e ha visto raddoppiare il valore delle sue azioni rispetto allo sbarco in Borsa del 2011. Poi, certo, c’è Apple che continua a cavalcare l’onda grazie alle aspettative sui nuovi prodotti e che ieri ha toccato un nuovo massimo storico a 644,87 dollari per azione (+1,34%). Per le "dotcom" dei servizi, invece, sembra un’estate nera.
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