venerdì 13 maggio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
BRUXELLES La Commissione Europea non conceda lo status di economia di mercato (Mes) alla Cina. È perentoria la risoluzione approvata ieri dal Parlamento Europeo a Strasburgo, a larghissima maggioranza: 546 sì, 28 no e 77 astenuti. Per ora è una mera risoluzione senza valore giuridico, tuttavia, ha spiegato il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, si tratta di un voto «importantissimo, perché tutto il processo dovrà passare a un certo punto formalmente per il Parlamento». L’assemblea Ue, in effetti, è chiamata ad approvare l’eventuale concessione del Mes. La risoluzione sottolinea che la Commissione potrà concederlo solo dopo che la Cina avrà soddisfatto i cinque criteri previsti dall’Ue: il basso grado di influenza governativa nelle imprese, l’assenza di distorsioni nell’economia privatizzata, l’effettiva attuazione del diritto delle imprese, un quadro giuridico per il funzionamento del libero mercato e l’esistenza di un genuino settore finanziario. Buona parte degli stati membri, a cominciare dall’Italia, si oppone al Mes perché vorrebbe dire la fine dei dazi antidumping nei confronti della Cina. E il Parlamento ricorda che attualmente 56 degli attuali 73 dazi in vigore si applicano alle importazioni dal colosso asiatico. Anche il paese a parole più a favore della concessione del Mes a Pechino, la Gran Bretagna, ultimamente ha fatto parzialmente marcia indietro. E la stessa Commissione, ha ammesso il commissario Vytenis Andriukatis parlando di fronte al Parlamento Europeo, sa che la concessione del Mes a Pechino potrebbe «portare alla perdita di molti posti di lavoro nell’Ue». E infatti la Commissione ha proposto, come compromesso, la concessione del Mes ma, al tempo stesso, il mantenimento dei dazi attuali. L’Italia è al momento il paese più esposto alla concorrenza cinese (soprattutto nel tessile). Secondo il primo vicepresidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, già titolare dell’Industria nella vecchia Commissione Europea, con la concessione del Mes alla Cina «l’Italia sconterebbe il 40% delle ricadute negative sul piano europeo. In pericolo ci sono tra i 200.000 e i 500.000 posti di lavoro nel nostro Paese e oltre tre milioni a livello Ue». Non a caso ieri tra quanti hanno esultato è stata la Confindustria, «con il voto - ha dichiarato Lisa Ferrarini, vice presidente per l’Europa - il Parlamento Ue si schiera dalla parte dei produttori e dei lavoratori europei contro la concorrenza sleale». La partita tuttavia non è semplice. La Cina, come ricorda anche la risoluzione, insiste che nel protocollo di adesione all’Organizzazione mondiale per il commercio del 2001, si fissano in 15 anni il termine per la concessione dello status di economia di mercato, la scadenza sarebbe l’11 dicembre 2016. Al momento, oltre all’Ue, a non riconoscere il Mes alla Cina sono Usa, Canada, Giappone, Messico e India. Secondo vari esperti giuridici, non vi è automatismo, ma, riconosce il Parlamento, non si può dimenticare che Pechino è il secondo partner commerciale dell’Ue dopo gli Usa, l’interscambio commerciale giornaliero è di oltre un miliardo di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: