martedì 8 agosto 2017
Per il 2016-2018, è stimato un fabbisogno di 85mila nuovi specialisti. Tra i profili più ricercati: data scientist, business analyst, project manager, security analyst
Il mercato digitale si conferma in crescita
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Nel 2016, il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni e contenuti) è cresciuto dell’1,8% raggiungendo i 66.100 milioni di euro. Nel primo trimestre dell’anno in corso la crescita ha accelerato, toccando il 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e avvalorando le previsioni di crescita per il triennio 2017-2019 (+2,3% a 67.652 milioni di euro nel 2017; + 2,6% a 69.432 milioni di euro nel 2018 e +2,9% a 71.453 milioni di euro del 2019). In uno scenario che conferma una ritrovata vitalità, grazie al ruolo trainante delle componenti più innovative e a un generale salto di consapevolezza sulle potenzialità del digitale compiuto dal Paese, permangono però criticità cui occorre dare rapida risposta.

La prima riguarda il passo della ripresa che, per quanto buono, non basta ancora a colmare il ritardo accumulato e a coinvolgere le tante pmi che animano il nostro tessuto produttivo. La seconda riguarda il gap di specialisti digitali, che rischia di condizionare gli investimenti delle aziende e l’effetto delle politiche di stimolo all’innovazione. Sono queste le principali evidenze del rapporto Il digitale in Italia 2017, condotto in collaborazione con Netconsulting cube e Nextvalue.

«Sino a due anni fa, il nostro Paese, per carenza di investimenti in innovazione, correva il rischio di rimanere ai margini dello sviluppo digitale, protagonista dei principali trend dell’economia globale. Oggi possiamo dire che questo scenario si sta sempre più allontanando grazie all’inversione di tendenza degli investimenti in tecnologia che registriamo da due anni a questa parte e che, secondo le nostre stime, continuerà a manifestarsi per almeno i prossimi tre anni – ha affermato il presidente di Assinform, Agostino Santoni -. L’impatto dell’innovazione digitale sul business è sempre più rilevante in tutti settori dell’economia italiana. Cloud, Iot, Big data, Mobile Business, Cybersecurity stanno trainando il cambiamento dei modi di produzione, di interazione con clienti e fornitori in filiere sempre più integrate. Stanno cambiando i prodotti e lo scenario competitivo, che vede l’ingresso nei mercati di nuovi operatori e piattaforme digitali che abilitano nuovi servizi».

Lo studio Assinform non lascia dubbi al riguardo. Il mercato digitale italiano si è rimesso in moto, promettendo tassi di crescita in costante miglioramento almeno sino 2019 sulla spinta dei processi di trasformazione digitale in tutti i principali settori. I tassi di crescita medio annui stimati tra il 2016 e il 2019 sono del 4,4% ogni anno nell’industria (dai 7.044 milioni di euro, +2,4%, del 2016), del 4% nelle banche (dai 6.813 milioni di euro, +3,5%, del 2016), del 4,5% nelle Utility (dai 1.576 milioni di euro, +3,5%, del 2016), del 4,2% nelle Assicurazioni (dai 1.800 milioni di euro, +3,7%, del 2016), del 3,6% nei Trasporti (dai 2.209 milioni di euro, +2,5%, del 2016), del 4,7% nella Distribuzione (dai 3.991 milioni di euro, +3,5%, dei 2016). Tutte dinamiche incoraggianti, che tuttavia trovano meno riscontro nella Pa, in cui la spesa in digitale è attesa calare con un tasso di crescita medio annuo di poco meno del 2%, ad eccezione della Sanità, che invece promette un tasso medio annuo di crescita del 3% circa (dai 1.450 milioni di euro, +1,6%, del 2016). Dal punto di vista territoriale aumenta la polarizzazione nel Nord Ovest che contribuisce al 38,3% della spesa digitale complessiva del Paese con una crescita del 2,3% nel 2016.

«Se è una notizia assolutamente positiva per le prospettive di crescita dell’economia italiana che si sia ripreso a investire nel digitale, dobbiamo essere consapevoli che molto resta ancora da fare - ha commentato Santoni –. Nel prossimo periodo sarà cruciale consolidare questo trend. Agli sforzi per far sì che la trasformazione digitale coinvolga una platea sempre più ampia di Pmi, oggi ancora troppo ristretta, vanno affiancate iniziative formative a tutti i livelli del sistema d’istruzione e formazione professionale per far fronte alla crescente domanda di competenze digitali e figure professionali specializzate. Questo è un nodo cruciale che va affrontato al più presto e in modo efficace, per evitare che causi ritardi e per creare vere opportunità per i giovani».

Quello delle competenze digitali, secondo lo Studio Assinform, è un tema di portata strategica. Per il 2016-2018, è stimato un fabbisogno di 85mila nuovi specialisti, 65mila dei quali per soggetti di primo impiego, più della metà dei quali laureati e per fabbisogni che possono essere soddisfatti solo in parte. Già ora si manifestano forti criticità per i profili di data scientist, business analyst, project manager, security analyst e altri ancora, necessari per i progetti di trasformazione digitale.

Sul fronte della strategia per la Crescita Digitale del Paese si registrano progressi importanti in particolare del sistema Pago Pa (15.601 Pa aderenti e 11.332 attive) e di quello della Fatturazione Elettronica per la Pa, oramai generalizzate e best practice europea. Ma molto resta ancora da fare per accelerare sulla diffusione di Sp (con servizi in crescita, ma a fronte di solo 1,5 milioni di identità digitali rilasciate) e dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione.

Altro cantiere promettente è il programma Industria 4.0, che incentiva con iper e super ammortamenti le componenti sistemistiche e digitali della nuova automazione industriale, e che già ha cominciato a incidere considerevolmente su un mercato che a fine 2016 ha raggiunto 1.831 milioni di euro (+18,2%). Secondo un’indagine condotta da Assinform presso i fornitori Ict nel primo trimestre del 2017 la domanda di prodotti e soluzioni digitali 4.0 è cresciuta tra il 10% e il 20% e manterrà una dinamica sostenuta per l’intero anno.

«La digitalizzazione , Industria 4.0, non sono solo iniziative tecnologiche – ha detto il presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania - Stiamo ridisegnando l’economia italiana, la sua competitività, la sua capacità di crescere. Industria 4.0 è un grande progetto-Paese, per il quale va dato atto alla collaborazione fra governo e sistema delle imprese. È una grande sfida che ci accompagnerà per molti anni, su cui l’impegno di tutti deve andare ben oltre il 2018. La leggera ripresa degli investimenti nel digitale – ha aggiunto Catania - testimonia che le imprese hanno iniziato a capire l’importanza dell’innovazione e a muoversi. La strada è giusta, ma siamo solo agli inizi. Per chiudere il gap d’innovazione accumulato rispetto agli altri paesi, dobbiamo puntare a un raddoppio degli investimenti entro i prossimi cinque anni. Per questo abbiamo bisogno, oggi più che mai, oltre che all’impegno delle imprese, di un’amministrazione pubblica in grado di essere motore dell’innovazione, non freno. I piani di digitalizzazione della Pa sono sul tappeto da tempo, ma la loro attuazione è troppo, troppo lenta. Il punto chiave su cui bisogna concentrarsi è sulla trasformazione dei processi, cruciale per una spending review efficace e per dare qualità ai servizi verso i cittadini e le imprese. Ci aspettiamo, perciò, che si dia vita a una mobilitazione politica e di leadership per la Pa 4.0, al pari e con la stessa determinazione con cui Governo e sistema confindustriale stanno spingendo l’attuazione di Industria 4.0».

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