sabato 14 maggio 2016
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In Gran Bretagna si diffonde il 'certificato di salute' Fair Tax Mark LONDRA Un cuore verde con le parole 'Tasse giuste'. È il primo marchio che garantisce che un’azienda ha le porte aperte agli ispettori del Fisco, non nasconde nessuna cifra dei suoi conti e paga, con puntualità, tutto quello che deve alle casse dello stato. Per il momento il «Fair Tax Mark», che potremmo chiamare «il marchio dell’azienda leale», ovvero quella che paga le tasse, esiste soltanto nel Regno Unito, anche se può essere assegnato – e lo è stato – a multinazionali come Lush, la produttrice di cosmetici, che opera in tutto il mondo. A raccontare questa iniziativa è Emily Kenway, una lunga esperienza nella «Living wage foundation », il marchio dell’azienda che paga ai propri dipendenti uno stipendio adeguato, che comincerà, alla fine del mese, a guidare, da direttrice, questa nuova avventura. «Fino ad oggi è capitato soltanto nel settore ambientale e sociale che un’azienda decidesse volontariamente di garantire, con un certificato, di seguire alcuni standard nella produzione delle merci. Rispettando, per esempio, l’ambiente oppure pagando uno stipendio adeguato ai dipendenti», spiega Emily Kenway. «Benché i cittadini abbiano manifestato rabbia e frustrazione quando aziende anche importanti come Starbucks, Google e Amazon non hanno pagato la loro fetta di tasse, nessuno, fino ad oggi, aveva pensato a un marchio che garantisse che i conti di quella ditta fossero trasparenti e tassati nel modo giusto», continua Emily Kenway, «Era una mancanza non da poco e il 'Fair Tax Mark' l’ha riempita». In questo momento il marchio dell’azienda leale si sta diffondendo più rapidamente del marchio equosolidale o di quello del living wage che dimostra che l’azienda sta pagando ai suoi dipendenti uno stipendio dignitoso. «Vi hanno già aderito diverse società come Sse, Go Ahead Group e Phone Co-op e la nostra iniziativa è sostenuta dal movimento delle cooperative e da 'Global tax justice network', gruppo di pressione perché, a livello mondiale, le tasse vengano rispettate», dice ancora Kenway. Ma come funziona, concretamente, il Fair tax mark? «Quando un’azienda è interessata esaminiamo i suoi bilanci e le cifre che ha dichiarato usando dei criteri che abbiamo messo a punto con alcuni esperti delle tasse. Puntiamo a verificare, soprattutto, due aspetti. La trasparenza prima di tutto. Ovvero se la ditta sta dichiarando tutto quello che è necessario sapere per essere sicuri che stia pagando tutte le tasse che le toccano. E le somme che ha effettivamente pagato al Fisco. Ottenute queste informazioni, di solito, chiediamo all’azienda di cambiare qualche aspetto del suo rapporto col Fisco. Se tutto è in ordine questo non è necessario. Una volta che i cambiamenti sono stati introdotti e siamo soddisfatti attribuiamo il Fair tax mark». La direttrice spiega che ci sono vantaggi, ma anche qualche svantaggio se un’impresa decide di sottoporsi al processo. «Il cuore verde con le parole 'Tasse giuste' consente a una società di dimostrare ai propri clienti e azionisti che stanno operando in modo corretto nel settore fiscale», spiega Kenway. «Tutti i sondaggi tra i consumatori sulla responsabilità sociale d’impresa dimostrano che la preoccupazione più importante riguarda il settore fiscale e ci sono state lunghe campagne, nel Regno Unito, condotte contro aziende che non pagano le tasse». Secondo la direttrice del Fair Tax Mark, la fiducia dei consumatori è importantissima per le aziende e il marchio dell’azienda leale aiuta a conquistarla: «Chi investe in un’impresa vuole sapere se quest’ultima sta evitando di pagare le tasse imbrogliando il Fisco, perché questi comportamenti mettono a rischio l’azienda e rendono impossibile per gli azionisti valutare in modo corretto quello che sta succedendo. Chi gestisce le risorse delle varie società vuole chiarezza sui bilanci e il nostro marchio la garantisce ». Ovviamente, conclude, «non interesserà alle società che non vogliono pagare tutte le tasse, ma molte vogliono rispettare il Fisco». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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