mercoledì 13 settembre 2017
Nove punti per migliorare le condizioni di vita e in azienda delle lavoratrici. Finora hanno aderito un centinaio di imprese
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«Questa è la prima tappa di un percorso che speriamo coinvolga tutte le aziende del Paese: la presenza delle istituzioni testimonia l’avvio di un dialogo, grazie al quale trasformare quello che finora era un progetto in azioni concrete». Lo ha dichiarato Sandra Mori, presidente di «Valore D» e general counsel Europe di Coca-Cola, una delle 100 aziende che ha aderito al Manifesto per l’occupazione femminile.

Tra i nove punti su cui si impegnano le imprese che hanno sottoscritto il Manifesto lanciato da Valore D: le quote rosa in fase di selezione del personale; il riconoscimento delle competenze in ambito Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica); il monitoraggio della presenza femminile; la tutela della maternità e della genitorialità; la conciliazione vita familiare- lavoro; la flessibilità; la parità di carriera e retributiva.

«Condivido in modo convinto e puntuale – ha spiegato la viceministra allo Sviluppo economico Teresa Bellanova – i nove punti del Manifesto che aiutano a riconoscere, e dunque ad affrontare e risolvere consapevolmente, tutte le criticità che caratterizzano l’occupazione femminile e il tema del work-life balance ».

Mentre Maria Elena Boschi, sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, ha sottolineato che «bisogna cercare tutti di sostenere l’occupazione femminile in un Paese dove è ancora sotto il 50%, ben al di sotto del 75% che ci siamo posti come obiettivo per il 2020». «Il ministro Padoan – ha aggiunto Boschi – ha firmato il decreto che assegna 55 milioni quest’anno e altri 55 milioni il prossimo, come già stabilito dalla scorsa legge di Bilancio, per la contrattazione di secondo livello: è un modo per sostenere l’iniziativa privata per forme ulteriori e più moderne di conciliazione».

Per il presidente dell’Inps, Tito Boeri, invece, per affrontare il problema di fondo delle donne occorre «evitare scorciatoie» con sconti sui requisiti anagrafici dell’età pensionabile per le madri: meglio risolvere il vero nodo, che è quello del «basso potere contrattuale».

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