venerdì 24 maggio 2019
Spese mostruose per sviluppare nuove tecnologie di ricarica e batterie più capienti ed economiche, ma i profitti per i costruttori non arriveranno prima di 6-7 anni. Ecco perchè
L'auto elettrica continuerà a costare molto più di quanto incassa
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Le uscite: 300 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi anni, molti dei quali già spesi. I profitti: zero. Almeno fino al 2025. È questo il paradosso attuale delle automobili a “zero emissioni” che sta coinvolgendo tutti i marchi, impegnati a pianificare spese mostruose per sviluppare nuove tecnologie di ricarica e batterie più capienti ed economiche, ma alle prese con l’impossibilità di recuperare margini sulla vendita di un prodotto che costa più di quanto incassa.

La corsa all’elettrico pare inarrestabile, e la ragione fondamentale è che i costruttori hanno la necessità impellente di abbassare grazie alle elettriche le medie di emissioni di CO2 della loro gamma, per non pagare le pesantissime multe previste dal 2021 dalla Ue. Così ci sono voluti cinque anni per immatricolare il primo milione di auto con questo tipo di alimentazione ma è bastato il 2018 per vendere il secondo: nel mondo oggi circolano in tutto circa 6 milioni di vetture elettriche, che contribuiranno probabilmente a rendere meno inquinata l’aria del pianeta ma non a chiarire ai manager dell’automotive quando la svolta elettrica diventerà anche redditizia. Qui tornano in mente le parole di Sergio Marchionne, che sorprese la platea di Washington nel maggio del 2014 quando disse: «Spero che non compriate la nostra Fiat 500 elettrica, perché ogni volta che ne vendo una perdo 14mila dollari... ».

Il problema non riguarda tanto l’alto di gamma, dove la propensione alla spesa del pubblico può assorbire il divario, ma il mercato di massa dove il costo medio di un’auto a batteria di taglia media oggi si attesta tra 30 e 31mila euro contro i 20mila di una diesel o benzina. Secondo uno studio della McKinsey pubblicato in Italia da “Quattroruote” i costi dei mezzi a “zero emissioni” potrebbero scendere a valori paragonabili a quelli delle vetture a combustione tradizionale non prima di 6 o 7 anni. Allo scoperto per ora è uscita solo Volvo, che prevede che i margini sulle auto elettriche eguaglieranno quelli dei motori termici tradizionali nel 2025. Lo ha detto il Ceo dell’azienda svedese, Hakan Samuelsson, secondo quanto riferisce Automotive News Europe, ricordando che Volvo sta investendo circa il 5% del suo fatturato annuale, pari a circa 1 miliardo di dollari, nella realizzazione di auto autonome e elettriche e ha promesso di introdurre sul mercato 5 auto 100% elettriche nei prossimi 5 anni. Secondo Samuelsson, «le convergenze tra auto elettriche e quelle tradizionali saranno determinate dalla riduzione dei costi per i componenti e dalla contestuale riduzione dei margini nelle auto convenzionali».

Fondamentale per colmare il divario è dunque l’abbattimento del prezzo delle batterie, che oggi incidono per circa un terzo sul costo complessivo dell’auto. Ma la guerra commerciale e la lievitazione dei prezzi di litio e cobalto – causato dall’aumento della richiesta e dalla progressiva diminuzione delle riserve minerarie – lasciano intuire che non basterà. Secondo molti analisti, le economie di scala in questo settore dipendono da quante vetture elettriche si venderanno realmente, variabile che a sua volta dipende in modo cruciale da altri fattori, come la moltiplicazione delle strutture di ricarica e l’incentivazione garantita da normative favorevoli. Inevitabile per i costruttori è condividere i piani di ricerca e sviluppo, e produrre in casa le batterie. Ma anche “limare” ovunque possibile le spese di produzione. Non è improbabile dunque che le vetture elettriche saranno sempre più essenziali, per non dire povere, negli allestimenti e nei materiali con cui sono costruite.

Protagonista di questa sterzata è la Germania che secondo una proiezione fatta dall’agenzia Reuters, è la principale origine di investimenti sull’elettrificazione con 139 miliardi di dollari in pochi anni, la metà dei quali prenderanno la via della Cina. Mercedes, che prevede di elettrificare tutta la sua gamma entro il 2022, ha già annunciato un taglio dei costi pari a 4 miliardi di euro per compensare la pressione attesa sui margini. Anche Bmw, che prevede di offrire 25 veicoli a batteria entro il 2025, punta a ridurre del 5% il costo delle componenti tradizionali per un risparmio di 2 miliardi. E lo stesso farà Audi, che più di ogni altro marchio contribuisce ai profitti del Gruppo Volkswagen: a fronte dell’introduzione di cinque vetture elettriche nei prossimi 5 anni, ha previsto una riduzione di 10 miliardi di euro dalla spese di ricerca e sviluppo. L’altro prevedibile rischio è quello relativo all’occupazione. In un settore che impiega 13 milioni di persone in Europa, tagliare i costi per riallineare i margini significa cancellare posti di lavoro. Lo farà General Motors (15 mila tagli), Volkswagen (7 mila) e anche Ford. Il prezzo dell’elettrico alla fine potrebbe essere molto alto.

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