sabato 30 aprile 2016
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Dotazione di 4,25 miliardi. Ne servono 1,3 per l’aumento di Vicenza MILANO Una scommessa da 4,25 miliardi. Il fondo Atlante, nato per cercare di arginare la crisi finanziaria che grava sulle banche italiane schiacciate da almeno 200 miliardi di crediti in sofferenza, ha chiuso ieri le sottoscrizioni fermandosi nella parte bassa della raccolta, che era attesa sui 5-6 miliardi di euro. Un inizio sui minimi prefissati dal governo che si accompagna a una serie di incognite che fanno di questa operazione, seppur un passo avanti nell’immobilismo bancario degli ultimi anni, una sfida delicatissima. «Sarà una vera maratona» ha detto Alessandro Penati, presidente di Quaestio Capital Management, la società che gestisce il fondo che prende il nome dal personaggio della mitologia greca in grado di tenere sulle spalle l’intera volta celeste. Nel corso della presentazione di ieri a Milano sono emerse, infatti, molte criticità. Al di là dell’importo, che potrebbe essere insufficiente (il fondo potrà comunque essere riaperto), è stato infatti chiarito che c’è comunque un alto rischio sistemico. E se il fondo non assolverà alla propria mission, potrebbe innescarsi un circolo vizioso, anziché virtuoso. E i coefficienti patrimoniali delle banche che hanno investito nel fondo (Intesa e Unicredit hanno fatto la parte del leone) potrebbero addirittura risentirne, e crescere. Un altro tema delicato riguarda i tempi della 'ristrutturazione' bancaria che devono essere rapidi e precedere l’arrivo un eventuale nuova crisi. Per questo, desta preoccupazione il fatto che in Italia ci sia una bassa visibilità sui singoli crediti in sofferenza ( non performing loan abbreviato in npl) a causa dell’assenza di dati organizzati e completi nei database delle banche. Mancano inoltre serie storiche sul tema, essenziali per l’attribuzione del rating da parte delle agenzie. Per non parlare del- l’incertezza che grava sulle modalità con cui verranno assorbite le sofferenze: le banche parlano infatti di operazioni a valori di libro, mentre il fondo (che deve rendere) lo esclude. Alla luce di tutte queste incognite, il successo di Atlante dipenderà poi da tre fattori principali: che le riforme accelerino il processo di recupero del collaterale a garanzia dei prestiti in difficoltà; che le banche tornino presto a registrare profitti e che non si verifichino choc esterni. Ma nel concreto come è articolato il fondo? La sua durata è di 5 anni, più 3 rinnovabili, e vi hanno aderito 67 istituzioni tra cui banche, compagnie di assicurazione, fondazioni bancarie e la Cassa depositi e prestiti. Nel complesso Atlante investirà almeno il 30% in non performing loan, e il 70% in banche con ratio patrimoniali inferiori ai minimi richiesti (dopo il 30 giugno 2017 la quota non investita in banche verrà investita in npl). La leva massima è del 110% e l’obiettivo un rendimento del 6% annuo rispetto al 16-18% lordo della media dei fondi specializzati. L’idea del fondo non è di risolvere tutti i problemi delle banche, «non siamo il bazooka» ha aggiunto Penati «ma accelerare con interventi mirati un processo di re-rating dell’intero settore bancario». Atlante, al momento, «non ha trattative in corso» e il suo primo banco di prova è l’operazione con la Popolare diVicenza. Atlante si è assunto un impegno di garanzia nella ricapitalizzazione, subentrando a Unicredit. A chiusura ieri dell’aumento, su 1,5 miliardi chiesti al mercato, circa 30 milioni sono arrivati dal retail e 120 milioni dagli istituzionali. Un flop che chiama in causa il fondo con un maxi esborso da 1,35 miliardi. In cassa a questo punto restano 3 miliardi. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL PRESIDENTE. Alessandro Penati, di Quaestio (LaPresse)
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