giovedì 19 marzo 2009
Gli economisti del Fondo monetario rivedono al ribasso le stime sull’economia globale. Sarà il primo calo del dopoguerra, l’anno prossimo possibile il ritorno alla crescita Trichet (Bce) rassicura: «Anno molto difficile, ma l’Ue è solida».
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Ripresa nel 2010, se tutto va bene. Quest’anno invece l’e­conomia mondiale chiuderà con il primo declino dalla Seconda Guerra Mondiale. È Teresa Ter-Mi­nassian, consigliere di Dominique Strauss-Kahn, direttore del Fondo monetario internazionale, a confer­mare le voci che circolavano da qual­che settimana. Il Fmi pubblicherà le sue stime ufficiali ad aprile, per il G20, ma già era emerso che le pre­visioni sarebbero state riviste al ri­basso. Così è stato: il prodotto inter­no lordo globale si ridurrà dello 0,6% nel 2009 (in una forbice tra il -0,5 e il -1,5%), contro le indicazioni di gennaio, che prevedevano una cre­scita dello 0,5%. Per il 2010 il Fmi in­dica una crescita del 2,3%. Ma non è scontato che arrivi la ripresa. John Lipsky, vice direttore del Fondo, chiarisce: è possibile «che il declino dell’economia mondiale si fermi en­tro la metà dell’anno prossimo» ma questa è «la migliore delle ipotesi». E comunque «la crescita mondiale non avrà in tempi rapidi una ripre­sa così forte come quella che abbia­mo conosciuto tra il 2003 e il 2007, la crisi finanziaria avrà effetti dura­turi sui flussi dei capitali». Non sarà una ripresa impetuosa, al­meno secondo il Fmi. Nel 2010 il Pil degli Stati Uniti crescerà dello 0,2% (dopo un calo del 2,6% quest’anno), quello dell’area dell’euro risalirà del­lo 0,1% dopo una discesa del 3,2%. Giappone e Regno Unito non si ri­prenderanno nemmeno l’anno prossimo. Tokyo, dopo un calo del 5%, avrà crescita zero nel 2010; Lon­dra resterà in recessione (-0,2%) do­po una contrazione del Pil del 3,8% quest’anno. Lo scenario è poco in­coraggiante, ma è in linea con quel­lo che aveva indicato domenica Ben Bernanke, il presidente della Fede­ral Reserve (che ieri ha lasciato i tas­si invariati nella forbice tra lo 0 e lo 0,25%): ripresa possibile nel 2010. E, come il banchiere centrale statuni­tense, anche il Fondo monetario ri­pete che l’inversione di rotta sarà possibile solo «con azioni concerta­te per stabilizzare le condizioni fi- nanziarie e misure di forte sostegno per rilanciare la domanda». Se i bi­lanci delle banche non saranno rior­dinati «si possono facilmente pre­vedere evoluzioni ancora più serie» insiste il Fmi nel documento per il G­20 e, ad oggi, le economie avanzate hanno compiuto «progressi limita­ti » nel valutare gli asset tossici che hanno scatenato la crisi. Ma il 2010 sarà migliore di questo 2009 «molto, molto difficile» ha detto anche Jean-Claude Trichet. Come il col­lega Bernanke e co­me il Fmi, il presi­dente della Banca centrale europea prevede per l’anno prossimo una «moderata ripresa». Mentre per i prossimi trimestri l’at­tività economica dei Paesi dell’euro rimarrà in uno stato di «persistente debolezza» nonostante sia «estre­mamente solida». Qualcuno sostie­ne che per aiutare l’economia la B­ce potrebbe seguire l’esempio della Fed o della Banca del Giappone e ri­durre ulteriormente i tassi, oggi già ai minimi storici all’1,5%. Trichet è scettico. «C’è un certo numero di svantaggi associato al tasso zero» spiega il banchiere centrale, che an­che sulla possibilità di acquistare a­zioni e titoli di Stato resta poco con­vinto: «Stiamo considerando se è ap­propriato prendere misure comple­mentari che non necessariamente devono essere identiche a quelle prese dai nostri colleghi». Francoforte e New York, su questo tema, restano lontane. Mentre alla Bce continuano a valutare con cau­tela l’ipotesi di adottare una strate­gia di intervento attivo e i leader eu­ropei discutono di strategie anticri­si (oggi si terrà un altro incontro dei 27 a Bruxelles), la Fed si muove con­cretamente per garantire la massi­ma liquidità possibile ai mercati. Ie­ri ha annunciato, a sorpresa, che comprerà fino a 300 miliardi di dol­lari di bond statali statunitensi nei prossimi sei mesi. Mentre il pro­gramma di acquisto di titoli legati ai mutui (già partito) sarà allargato di 750 miliardi di dollari, per un totale di 1 miliardo 250 milioni di dollari. Notizie che hanno dato nuovo ossi­geno a Wall Street: il Dow Jones ha chiuso con un +1,3%.
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