venerdì 17 giugno 2016
Per Donato Iacovone (nella foto), ad di EY Italia, «viviamo in un momento di profondo cambiamento, in cui le nuove tecnologie stanno ridisegnando modelli di business, processi e approccio al mercato in tutti i settori».
«Il digitale sfida imprese e professionisti»
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"Viviamo in un momento di profondo cambiamento, in cui la rivoluzione digitale e le nuove tecnologie stanno ridisegnando modelli di business, processi e approccio al mercato in tutti i settori. L’innovazione è già qui ora e chi prima agisce resta competitivo, altrimenti rischia di uscire dal mercato". Lo sostiene Donato Iacovone, ad di EY Italia.I dati e i fatti gli danno ragione. Anche se il contesto italiano mostra una propensione ancora bassa all’uso del digitale ma in crescita: 28,6 milioni di utenti unici, on line in media per 46 ore e 11 minuti nel mese, dai dispositivi rilevati (computer, smartphone e tablet). La ricerca delle informazioni tramite la modalità on line è ormai abituale e costante. Nel giorno medio, infatti, 10,9 milioni di persone sono collegate on line tramite un computer (39,3% degli italiani dai due anni in su). L’audience on line da smartphone e tablet ha raggiunto i 18,4 milioni di utenti unici, il 41,9% degli italiani tra i 18 e i 74 anni. Il tempo trascorso on line al giorno è pari a due ore in media per persona.L'Italia, tuttavia, è molto indietro per l'utilizzo della rete a livello professionale. Se si pensa per esempio che il mercato retail B2B raggiungerà il doppio delle dimensioni delle vendite on line B2C (business-to-consumer) nel 2020, producendo entrate per 6.700 miliardi di dollari (fonte Frost & Sullivan). Fatto 100 il dato della Danimarca, il Paese che sfrutta al meglio le potenzialità della rete, l’Italia totalizza 18 punti, a fronte dei 37 della Spagna, dei 64 della Francia e dei 74 della Germania (centro studi di «Mm-One Group» su dati Eurostat)Da sottolineare che la rivoluzione digitale, in Italia, è stata affiancata da quella normativa con il decreto legge sulle liberalizzazioni che, per quanto riguarda i servizi professionali, ha introdotto, tra le altre, la possibilità di pubblicizzare i servizi e i prezzi delle prestazioni. "L’adozione e l’implementazione di soluzioni digitali quali software predittivi e automazioni di processo sono ormai una realtà - conclude Iacovone -. Sono quindi richieste nuove figure professionali capaci di interfacciarsi con nuovi strumenti e di interpretare i così detti big data che ne scaturiscono. Tale rimodulazione delle competenze richieste dal mercato porta naturalmente impatti occupazionali in relazione alla tipologia di profili richiesti. Si pensi per esempio a una laurea 'tradizionale' come giurisprudenza: i dati dell’Associazione Nazionale degli Avvocati americani mostrano che dal 2009 negli Usa il numero dei laureati che trova lavoro è generalmente in calo, e solo lo scorso anno è sceso dell’ 8,8% sia negli studi più grandi sia negli enti governativi.  Se ne deduce che anche i ruoli nel mondo legale, fiscale e della consulenza sono soggetti a un rinnovamento e le società professionali dovranno fornire servizi sempre più integrati e rivedere il proprio rapporto con il cliente, in un’ottica di co-creation e co-definition. Cambiare ed evolversi è essenziale per continuare a rispondere alle esigenze del mercato e crescere nell’era digitale".
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