mercoledì 4 maggio 2016
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BRUXELLES Schengen non sta morendo. Ad assicurarlo è stato ieri il commissario europeo alla Migrazione Dimitris Avramopoulos. Sarà lui, oggi, a presentare una serie di proposte della Commissione Europea, tra cui quella di prolungare fino a novembre i controlli alle frontiere interne nell’area Schengen e la modifica del regolamento di Dublino sull’asilo, oltre alla fine dell’obbligo di visti per i cittadini turchi. «Schengen – ha dichiarato Avramopoulos all’agenzia Ansa – non sta morendo. Al contrario, la Commissione sta facendo di tutto per ripristinarla e tornare alla normalità». Tuttavia, «per andare avanti servono passi intermedi. Ciò che vogliamo raggiungere non può accadere in una notte, per questo dobbiamo assicurare un processo graduale, anche se significa permettere controlli temporanei eccezionali alle frontiere interne». Oggi la Commissione dovrebbe proporre di attivare l’articolo 26 del Codice Schengen, che consente di prolungare i controlli alle frontiere interne oltre il limite ordinario dei sei mesi, in caso di gravi deficienze alle frontiere esterne. Proprio ieri, del resto, la Commissione ha pubblicato nel quadro delle previsioni economiche di primavera stime dei costi dell’eventuale collasso di Schengen. Solo quelli diretti (tempi di attesa alle frontiere, i costi maggiori per la pubblica amministrazione etc.), sarebbero tra i 5 e i 18 miliardi di euro l’anno. Costi però che non considerano quelli indiretti, avverte Bruxelles (ad esempio minori investimenti, calo del commercio, del turismo), che secondo alcuni studi potrebbero portare a un calo di fino a 100 miliardi di euro del pil Ue entro il 2025. Intanto, la Commissione insiste perché funzioni il programma di ridistribuzione di 160.000 richiedenti asilo da Italia e Grecia lanciato a settembre . «Finora – avverte Avramopoulos – sono state 1.441 le persone ricollocate da Italia e Grecia. Di queste solo 565 dall’Italia. Ora che gli arrivi in Italia stanno di nuovo aumentando, il numero deve crescere». Non senza escludere possibili azioni legali nei confronti di paesi (soprattutto dell’Est) che rifiutano di accogliere richiedenti asilo. Avramopoulos avverte però anche che «l’Italia deve estendere la sua politica sui rimpatri e le sue capacità di detenzione e accoglienza». Montano le polemiche, intanto, per la proposta di riforma di Dublino che dovrebbe presentare oggi Avramopoulos, con la ridistribuzione di richiedenti asilo nel caso siano superate del 150% le capacità di accoglienza di un paese di prima linea. La Commissione prevede che un paese si possa 'sfilare' pagando, come chiesto da vari paesi dell’Est. Solo che questi ultimi non accettano la cifra che sta circolando: 250.000 euro a richiedente asilo non accolto. Giovanni Maria Del Re © RIPRODUZIONE RISERVATA
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