martedì 24 gennaio 2017
Il sistema dei buoni-lavoro Inps è molto efficace per retribuire alcune prestazioni occasionali ricorrenti nel Non profit e negli enti ecclesiastici. Una guida al buon uso.
I voucher in parrocchia: ecco quando e come usarli
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Il sistema dei buoni-lavoro, i voucher INPS attraverso le quali si compensano le prestazioni di lavoro accessorio, si è rivelato per gli enti non profit - e, dunque, anche per gli enti ecclesiastici - uno strumento utile per assicurare una legittima e doverosa retribuzione a coloro che si rendono disponibili a prestare un'ampia gamma di servizi retribuiti. Si ricorda che l'istituto del lavoro accessorio, introdotto dagli artt. 70 ss. del D.Lgs. n. 276/2003 e, dopo qualche anno di non operatività, è stato più volte modificato, e da ultimo riformato dagli artt. 48 ss. del D.Lgs. n. 81/2015.

L'utilizzo dei voucher da parte degli enti.

Gli ambiti nei quali gli enti ecclesiastici - soprattutto le parrocchie - utilizzano questo strumento sono molteplici: dagli educatori presenti negli oratori, agli insegnanti impegnati nelle attività di "doposcuola" per i bambini/ragazzi più in difficoltà; dalle persone che hanno perso il lavoro e - in attesa di trovarne un altro - assicurano la pulizia e la manutenzione delle strutture parrocchiali, ai pensionati o agli esodati che garantiscono (anche a turno) l'apertura pomeridiana dei bar e dei circoli ricreativi parrocchiali, dai collaboratori incaricati dalle parrocchie per assicurare agli anziani alcuni servizi essenziali (la spesa quotidiana, l'aiuto nelle faccende quotidiane), agli addetti alle segreterie che dedicano alcune ore per assicurare la buona gestione e amministrazione delle molteplici attività ecclesiali.

La retribuzione attraverso i voucher si è rivelata efficace anche per assicurare i servizi e le proposte che integrano alcune attività più strutturate: si pensi alle collaborazioni che consentono di arricchire la proposta educativa delle scuole per l'infanzia attraverso l'attivazione di laboratori, percorsi di lingua straniera, iniziative mirate per i bambini che soffrono situazioni di disabilità.

Da ultimo, ma non per ultimo, la possibilità di consegnare dei voucher al termine del tempo di lavoro si è rivelato assai utile anche per rendere più ricco (in dignità) quello che altrimenti sarebbe una semplice elemosina ad un bisognoso. Questo strumento, infatti, consente di prestare un aiuto economico a persone in difficoltà non limitandosi a fare beneficenza, ma offrendo l'opportunità di svolgere piccoli lavori, circostanza che rende l'aiuto meno assistenziale e promuove una rinnovata fiducia in colui che lo riceve. A fronte di questo maggior valore umano dell'aiuto economico offerto, gli enti accettano volentieri la minore convenienza economica di questo di strumento: infatti, rispetto al semplice contributo a fondo perso l'importo effettivamente incassato dal "lavoratore" è solo il 75% del costo del voucher. Va segnalato che questa capacità di riconoscere dignità a chi riceve assistenza ha convinto anche non poche amministrazioni comunali ad utilizzare i voucher nell'ambito delle politiche di assistenza sociale.

I motivi del successo dei voucher.

Il favore incontrato da questo strumento in ambito non profit ha diverse origini. Anzitutto offre a questi enti la possibilità di acquisire servizi lavorativi "retribuiti" che non troverebbero con facilità una diversa configurazione giuridica nell'orizzonte della riforma del lavoro subordinato realizzata dal Jobs Act. Infatti, per quanto flessibile, l'ordinario rapporto di lavoro subordinato (forse) solo con grande difficoltà potrebbe disciplinare un rapporto di lavoro che chiede un impiego di poche ore giornaliere/settimanali. Occorre poi considerare che la riforma del tanto vituperato rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co.) ha di fatto cancellato questo strumento (salvo la sua reintroduzione attraverso i contratti collettivi nazionali) e molte delle prestazioni disciplinate oggi con il lavoro accessorio non potrebbero essere ricondotte al lavoro autonomo occasionale (che, va ricordato, sono species del genus "lavoro autonomo" e, dunque, non potrebbe essere utilizzato per ipotesi di lavoro caratterizzate della subordinazione).

In secondo luogo è molto apprezzata la ridotta quantità di adempimenti per il datore di lavoro e la loro semplicità; ciò una gestione "casalinga" che evita di dover ricorrere a professionisti e sostenere ulteriori costi amministrativi. Va sottolineato che la semplicità degli adempimenti consente comunque di tracciare sia il pagamento che la prestazione lavorativa. Da ultimo è certamente rilevante il fatto che per il lavoratore/collaboratore il compenso da "lavoro accessorio" non ha rilevanza fiscale, non comporta alcun adempimento dichiarativo ed è compatibile con molti istituti del welfare pubblico (per esempio non incide sulla determinazione dell'ISEE, non fa venire meno la qualifica di soggetto a carico, fatto assai apprezzato dalle famiglie degli studenti universitari).

I limiti (attuali) di utilizzo dei voucher.

La semplicità e la flessibilità dei voucher non sono però la causa di eventuali abusi nell'uso di questo strumento o di elusione dalle forme di controllo già previste dalla normativa che, infatti, contempla precisi vincoli sostanziali e formali, sia per i lavoratori che per i committenti.

Per il lavoratore:
1) la possibilità di percepire compensi da lavoro accessorio è limitata: non più di 7.000 euro netti l'anno (corrispondenti a 9.330 euro lordi) per le prestazioni lavorative rese a favore dell'insieme dei committenti; tale importo corrisponde ad un massimo di 933 ore distribuite nell'anno, considerato che il compenso minimo per un'ora di lavoro è fissato dalla legge in non meno di 10 euro lordi;
2) possono effettuare prestazioni di lavoro accessorio anche i soggetti che percepiscono forme di sostegno del reddito (per es. indennità di disoccupazione), ma entro il tetto di 3.000 euro di compensi netti annui (corrispondenti a 4.000 euro lordi).

Per il committente:
1) sono richiesti "ragionevoli" e semplici adempimenti telematici che, però, consentono all'INPS di tracciare le prestazioni (la registrazione del committente e del lavoratore, e l'attivazione in via anticipata della prestazione per un periodo non superiore a 30 giorni consecutivi);
2) sono previsti, e riscossi in via anticipata, contributi previdenziali, assicurativi e oneri gestionali pari complessivamente al 25% del valore nominale del voucher (il 13% è destinato alla gestione separata dell'INPS, il 7% alla contribuzione INAIL e il 5% al compenso per il concessionario del servizio;
3) è necessario utilizzare la piattaforma predisposta dall'INPS che attesta l'assolvimento di tutti gli adempimenti formali;
4) se il lavoro accessori consente l'organizzazione del lavoro in modo flessibile e personalizzato, d'altro canto è vietato pagare a forfait le prestazioni lavorative.

I limiti (futuri?) di utilizzo dei voucher.

Si sa che anche le regole ben fatte non possono escludere in modo assoluto la possibilità di un utilizzo illecito dell'istituto; ma altrettanto si deve ammettere che alcune ipotesi di modifiche più che ridurre gli abusi potrebbero avere l'effetto di rendere del tutto marginale e irrilevante questo strumento che, invece, ha permesso, come detto, di disciplinare situazioni che sarebbe altrimenti (almeno) difficile regolarizzare.

Ciò potrebbe accadere qualora i rapporti di lavoro inquadrabili con il lavoro accessorio fossero solo quelli di breve durata o non continuativi (che ne sarebbe, ad esempio, delle ripetizioni private, dei lavori di pulizia, dell'animazione pomeridiana dei cortili degli oratori, attività che impegnano i collaboratori per poche ore settimanali, ma possono anche estendersi per l'intero anno?), oppure qualora fosse ridotto il limite di compenso netto che il lavoratore può percepire (oggi la somma di 7.000 euro netti l'anno assicura a chi lavora e studia, a chi ha solo un lavoro part-time e ai giovani pensionati una integrazione interessante, ma che certamente non rende ricchi).

In conclusione si può affermare che eliminare o ridimensionare fortemente la possibilità di usare i voucher non avrebbe l'effetto di trasformare in posti di lavoro stabile le prestazioni di lavoro accessorio di cui oggi possono avvalersi gli enti non profit.

(Il presente articolo è estratto dall'inserto "Non Profit - Il Consulente" allegato ad Avvenire di mercoledì 25 gennaio e dedicato al tema dei voucher e alle novità della manovra finanziaria 2017)

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