sabato 21 dicembre 2013
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Diventare cittadini europei? Nulla di più semplice per i super ricchi e i magnati di mezzo mondo. Basta andare a Malta e versare 650mila euro nelle casse dello Stato: il passaporto sarà assicurato senza alcun obbligo di investimenti produttivi o di residenza. Russi e cinesi so­no in prima fila: hanno già messo da tempo gli occhi sull’I­sola, «passaporto» per l’Europa. Il parlamento maltese a maggioranza socialista, nelle scor­se settimane, ha dato il via libera a una legge che apre le co­ste dell’isola… a pagamento. Il governo del premier Joseph Muscat prevede che dalla vendita delle cittadinanze pos­sano entrare in bilancio almeno 30 milioni di euro all’an­no, stimando l’ingresso di 200-300 nuovi 'cittadini' ad o­gni cambio di calendario. Fondi – sostengono – che aiute­ranno il Paese a ridurre il deficit. Così, di fatto, chiunque ab­bia almeno 18 anni potrà diventare cittadino di Malta, sen­za dovere effettuare investimenti o spostare la residenza sull’isola. Niente. E una volta acquisita (o acquistata) la cit­tadinanza potrà ottenere passaporti maltesi per i parenti più vicini con appena 25mila euro. Un mercato della cittadi­nanza. Il governo ha assicurato che verranno effettuati con­trolli severi su quanti faranno richiesta e che i richiedenti con precedenti penali non saranno accettati. Una valuta­zione che sarà affidata alla multinazionale privata «Henley and Partners», specializzata in gestione di servizi di resi­denza e cittadinanza. Spiegazioni che non convincono i maltesi. E neanche le alte sfere europee.

Il timore è che in­vestitori e speculatori, dalla Cina alla Russia, oltre a utiliz­zare i regimi fiscali agevolati di Malta, possano muoversi in libertà per tutta l’Unione Europea (e in 160 Paesi, senza vi­sto, Stati Uniti compresi), con pieno diritto di cittadinan­za. Sebbene ogni Stato sia sovrano in materia, il caso mal­tese non può non avere ripercussioni su tutti gli altri Pae­si. Persino Londra, che certamente non 'disdegna' inve­stimenti stranieri, storce il naso: l’ex potenza coloniale del­l’isola ha un quadro normativo che consente di attrarre fa­coltosi extracomunitari, ma a condizione di risiedere in Gran Bretagna per almeno 180 giorni all’anno. Altri Stati – dalla Grecia al Portogallo – concedono dei permessi di re­sidenza a chi investe in maniera significativa o effettui o­perazioni immobiliari di una certa consistenza. Ma la cit­tadinanza permanente a paga­mento della Valletta è davvero troppo. A Strasburgo, sede del Parlamen­to Europeo, non mancano dis­senso e imbarazzo. A cominciare dai deputati maltesi dell’opposi­zione. «Non è così che si salvano le casse di Malta e si attraggono investimenti per il nostro Paese – sbotta dai corridoi del Parlamen­to Europeo uno dei sei deputati maltesi, David Casa, del Partito nazionalista, iscritto al gruppo del Ppe –. Così rischiamo solo di aprire le nostre frontiere a ricchi cinesi, senza un ef­fettivo interesse per la nostra economia. Il nostro passa­porto diventa solo un lasciapassare per l’Europa senza al­cuna garanzia. E questo non è giusto nei confronti di Mal­ta e nei confronti dei nostri partner europei. Siamo pronti – lo ha detto anche il leader del Partito nazionalista malte­se, Simon Busuttil – a raccogliere le firme per indire un re­ferendum abrogativo della legge».

Sull’isola, in effetti, c’è molto malessere. E il governo stesso prende tempo. La leg­ge approvata non è entrata in vi­gore e potrebbe restare ancora 'congelata'. Ma il caso è ormai scoppiato. Malta rischia di di­ventare un paradiso fiscale den­tro l’Ue. Nell’Europa che contra­sta queste politiche poco «tra­sparenti ». Sull’isola d’altra parte le agevolazioni già non manca­no. In termini di Iva (al 18%, ma al 5% per molti settori e a zero per tantissimi altri), senza conside­rare i costi sul lavoro e le impre­se, sicuramente vantaggiosi rispetto al resto dell’Ue. Paradiso fiscale con un lasciapassare europeo. Una mossa che stride fortemente, fra l’altro, con quello che accade in tema di immigrazione, con l’emergenza umanitaria che c’è nel Mediterraneo. E su cui Malta ha un atteggiamento as­solutamente restrittivo. «Chiudiamo le frontiere ai poveri – incalza David Casa – e le apriamo a pagamento per i ricchi? È una grande contraddizione, politica ma soprattutto u­mana che non possiamo accettare». L’opposizione malte­se trova sostegno fra molti esponenti del Ppe. L’italiana La­ra Comi, proprio in occasione dell’ultima sessione plena­ria di Strasburgo, ha stigmatizzato il caso maltese, invitan­do tutta l’Europa a spingere «sulla costruzione di una vera cittadinanza europea»: «I cittadini dei Paesi membri devo­no sentirsi pienamente cittadini europei. Non si può met­tere in vendita la nostra appartenenza comunitaria per que­stioni fiscali o di bilancio. Abbiamo già molti problemi sul fronte delle produzioni e delle contraffazioni con alcuni Paesi, non generiamone altri». Questo «mostra per l’enne­sima volta l’importanza di realizzare una autentica unione fiscale europea che consenta un mercato pienamente libe­ro e condizioni condivise e omogenee fra i Paesi membri». «Siamo ormai a un bivio – conclude l’europarlamentare di Forza Italia – : o imbocchiamo una strada comune su que­sti temi o ci ritroveremo presto con una realtà incompren­sibile, soggetta a subire degenerazioni antieuropeiste». La cittadinanza a pagamento di Malta non aiuta di certo a tro­vare la strada giusta nella nebbia che avvolge Strasburgo.

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