mercoledì 11 ottobre 2017
L’offerta prevedeva un costo del lavoro medio di 50mila euro lordi a dipendente, ma era un calcolo su un personale di 8.500 addetti.
I conti non tornano tra livelli d'anzianità e 1.500 operai in più
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Carlo Calenda nelle ultime ore ha ripetuto il ritornello fino allo sfinimento: «Il problema non sono i numeri degli esuberi, bensì un pezzo degli impegni che l’acquirente ha preso nei confronti del governo sui livelli salariali e gli scatti di anzianità, su cui non si prevedeva di ripartire da zero ma di mantenere quelli attuali».

Parliamo dell’Ilva, ovviamente. E in altre parole, quello su cui insiste il ministro dello Sviluppo economico riguarda il mancato rispetto dei patti alla voce "costo del lavoro". Il governo pretende che vengano rispettati gli accordi di luglio. Ma a volte si può pensare di avere ragione a seconda dei punti di vista. Ed è quello che sta accadendo nella vicenda del colosso siderurgico, dove sia Palazzo Chigi sia la società Am InvestCo si sentono dalla parte del giusto. Dove nasce il misunderstanding? Il numero degli occupati è stato portato a 10.000 rispetto all’offerta originaria, che era di 8.500. In sostanza si è deciso di diminuire il monte esuberi. Ma secondo la multinazionale divenuta proprietaria del gruppo Ilva non era stata fatta «alcuna ulteriore promessa, a parte il numero di occupati » perché il resto dei punti interrogativi avrebbe dovuto trovare risposta nel corso della negoziazione sindacale. La flessibilità ad aumentare il numero di assunzioni, cioè, secondo il gruppo internazionale, non comportava automaticamente la disponibilità a mantenere la stessa cifra del costo del lavoro.

Per l’esecutivo italiano, invece, l’allargamento dei livelli occupazionali non cambiava di una virgola gli altri accordi. L’offerta prevedeva un costo del lavoro medio di 50mila euro lordi a dipendente, ma era un calcolo su un personale di 8.500 addetti. Aggiungendo 1.500 unità è chiaro che gli oneri per i proprietari salgono di 75 milioni di euro all’anno. Da qui la trovata di sfruttare il Jobs Act per riassumere ex novo tutti i 10mila operai, che a quel punto dovrebbero rinunciare all’anzianità accumulata. Paradossalmente – in questo caso che ancora non si capisce se, quando e come potrà essere risolto –, i circa 4mila esuberi che resteranno in carico all’Amministrazione straordinaria e verranno impiegati nelle operazioni di bonifica e risanamento ambientale, non venendo ri-assunti, manterranno l’anzianità aziendale.

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