giovedì 12 marzo 2020
Il presidente della realtà della Dmo: «Le aziende del secco hanno scorte per sei settimane. Per cui ripeto: non c’è alcun problema di approvvigionamento»
Claudio Gradara, presidente Federdistribuzione

Claudio Gradara, presidente Federdistribuzione

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L’emergenza legata alla diffusione del coronavirus rappresenta uno stress test a due facce per un sistema che racchiude aziende alimentari (con carichi di lavoro sopra la media) ma anche imprese di altri settori (alle prese con cali di fatturato spaventosi). «Sono giornate complesse, in cui stanno venendo al pettine i nodi di due settimane di crisi progressiva», ammette Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, realtà che rappresenta una grande fetta della Dmo (Distribuzione moderna organizzata) con 15.500 punti vendita in Italia e un totale di 223.000 addetti. «Le risorse messe in campo devono essere utilizzate per tenere in vita il sistema, terminata questa fase critica si penserà agli investimenti», afferma Gradara.

Presidente, partiamo dal comparto alimentare. Negli ultimi giorni lei ha rassicurato i cittadini, garantendo che gli scaffali dei supermercati non si svuoteranno. Nessun problema anche se la situazione si prolungasse per un periodo medio-lungo?
Per fortuna gli assalti ai supermercati dello scorso fine settimana, assolutamente immotivati, sono finiti. La situazione, da questo punto di vista, sta già tornando alla normalità. Non vedo alcun problema o intoppo all’orizzonte se tale scenario dovesse continuare, nel senso che l’industria alimentare con la sua rete di produzione, di trasporto e di distribuzione funziona perfettamente. Non voglio trasmettere l’idea di recovery plan allo studio, perché non è così, ma le aziende del secco hanno scorte per sei settimane tra punti vendita e centri di distribuzione. Per cui ripeto: non c’è alcun problema di approvvigionamento.

Si possono spostare alcuni addetti occupati in altri settori sull’alimentare? Come state rispondendo al boom di richieste di spesa a domicilio?
Il cambio di addetti da alcuni negozi ai supermercati è irrealizzabile, si sta ragionando su come potenziare con nuove risorse occupazionali i punti vendita dell’alimentare. Per il momento, per il personale impiegato e per la clientela, si presta massima attenzione al rispetto delle norme emanate sulle distanze da mantenere e agli ingressi contingentati. La spesa online è letteralmente schizzata, quindi i tempi di consegna si sono inevitabilmente allungati. Ci vuole pazienza, anche perché la rete di distribuzione non si può adeguare in così poco tempo a numeri che improvvisamente sono cresciuti a dismisura.

Gli effetti dell’emergenza sugli altri settori sono devastanti...

È un vero disastro. Siamo di fronte a uno stillicidio tra realtà che hanno già cessato temporaneamente l’attività e altre che lo stanno per fare. Chi sta aspettando a sospendere lo fa solo per rassicurare il proprio personale sul fatto che non perderà il posto. Del resto, da un paio di settimane abbiamo assistito a una diminuzione progressiva dei fatturati per le realtà non alimentari nelle aree interessate dalle misure restrittive, poi dallo scorso fine settimana questo trend si è allargato a tutto il territorio. I cali dei ricavi giornalieri vanno mediamente dal 50 al 70% per comparti che occupano 120mila addetti. Ecco perché adesso è fondamentale operare per assicurare la sopravvivenza del sistema. Non è il momento di stanziare risorse per gli investimenti o il rilancio del made in Italy, ci si penserà più avanti, ora gli sforzi devono concentrarsi sull’uscita dalla crisi.

Come giudica gli interventi del governo? La cifra di 25 miliardi è sufficiente per affrontare l’emergenza?
Ho preso atto con soddisfazione che lo stanziamento è aumentato rispetto alle ipotesi iniziali. Se 25 miliardi siano tanti, pochi o giusti è difficile dirlo adesso, perché siamo in una fase economica di crisi senza precedenti in cui è impossibile quantificare i danni. Sicuramente, ad oggi, quella stanziata dal governo sembra una somma ragguardevole. L’importante è che ci sia una traduzione immediata di tali fondi in misure concrete: dagli ammortizzatori sociali utilizzabili da subito alle moratorie sulle partite finanziarie, passando per la sospensione di alcune imposte.

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