sabato 17 febbraio 2018
Massimo Covezzi, presidente di PlasticEurope racconta che il riutilizzo del materiale da riciclo ha un mercato ristretto
Massimo Covezzi, presidente di PlasticEurope

Massimo Covezzi, presidente di PlasticEurope

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La definizione della Commissione Europea recita così: «Le plastiche sono un importante materiale pervasivamente presente nella vita quotidiana. Svolgono molteplici funzioni atte a trovare le risposta alle esigenze della società. Materiali leggeri e innovativi per auto e aerei con risparmio di prezioso carburante e riduzione di emissioni di CO2, materiali per isolamento ad alte prestazioni e per imballaggi che assicurano la sicurezza degli alimenti e limitano lo spreco alimentare ». Funzioni e caratteristiche che conosce mol- to bene Massimo Covezzi, presidente di PlasticEurope Italia (associazione di Federchimica dei rappresentanti di produttori di materiali plastiche del nostro Paese). Con 47 aderenti, un fatturato di oltre 7 miliardi e 10mila addetti, Covezzi coordina – all’interno di PlasticEurope – il Mediterranean Region (Albania, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Romania, Serbia e Turchia): da qui appare piuttosto chiaro l’impatto sull’Europa che comporterà il recente stop alle importazioni di materiale da riciclo da parte della Cina, sbocco fondamentale con importazioni del 50% di plastiche da riciclo dal Vecchio Continente.

Presidente, ora questi materiali saranno destinati ad altri mercati o collocati in Europa?
Purtroppo il riutilizzo del materiale da riciclo, ultima tappa del 'viaggio' dei rifiuti plastici, ha un mercato ancora molto ristretto, anche se l’industria sta lavorando per massimizzare le possibilità.

In qualità di gruppo di industrie di plastiche, come vi state attrezzando?
Stiamo facendo molto e sempre di più: il materiale raccolto dai cittadini deve essere trattato e rimesso in circolo – con gli identici standard di sicurezza del materiale 'vergine'– svolgendo un’operazione di competenza squisitamente industriale: a questo scopo abbiamo mobilitato ingenti risorse su soluzioni tecnologiche che aumentino la frazione di materiale effettivamente riciclato. Non solo: stiamo sviluppando metodi che chiudano completamente il cerchio, trasformando il rifiuto plastico in materie prime da cui ricavare nuovi materiali.

Che poi è obiettivo dell’economia circolare...
Esatto e siamo fiduciosi di poterlo centrare!

Si parla di materiali che hanno, comunque, controindicazioni,
no?
Il pregio della plastica di mantenersi inalterata a lungo nel tempo diventa un limite, se non correttamente avviata al 'fine vita', al termine dell’uso. Con responsabilità, tutti dobbiamo avere cura dei rifiuti prodotti – anche a casa – evitando che siano gestiti non adeguatamente e che si disperdano nell’ambiente. I pezzi di plastica – che tanto ci infastidiscono sulle spiagge o in mare – sono frutto di incuria collettiva o inefficienti sistemi di servizi. Manca – secondo noi – quella cultura che attribuisce all’ambiente un 'valore' insostituibile, da preservare con ogni sforzo, la consapevolezza che un rifiuto plastico si trasformi in energia o in altri oggetti e che il suo spreco va il più possibile limitato. Di tutto ciò l’industria è già consapevole e gli sforzi in tale direzione sono enormi.

Come può portare un contributo attivo il singolo cittadino?
Un corretto comportamento è il primo insostituibile passo al miglior impiego di risorse con il minor impatto ambientale. Si ricordi che con la raccolta differenziata solo la frazione minima dell’1% finisce in discarica o nell’ambiente: se riuscissimo a fare raccolta differenziata per il 100% dei rifiuti plastici, sparirebbero dai mari.

Industria, società civile e...
le istituzioni? Che ruolo hanno?
Enorme e pari a quello degli altri soggetti. Hanno già indicato gli obiettivi e predisposto l’apparato legislativo in materia: il che non è poco. Ora si stanno armonizzando le diverse realtà europee, perchè le modalità di gestione delle plastiche dismesse sono tante quanti i paesi della Ue. Dovrebbero, inoltre, indirizzare le comunità locali a farsi carico dei rifiuti generati sul proprio territorio, per evitare il frequente fenomeno di trattamento lontano dal luogo di produzione, con evidenti diseconomie e 'incidenti' ambientali.

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