venerdì 19 settembre 2014
​​I rapprentanti di Acli, Mcl e "Alta partecipazione": le priorità sono dare lavoro dignitoso a tutele di base.
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​L'articolo 18 e il reintegro? Per i giovani non sembra essere questa la priorità sulla quale scatenare l’ennesimo scontro sociale. Non è per difendere questa sorta di «feticcio», infatti, che i ragazzi sono pronti a mobilitarsi quando a mancare sono condizioni minime di tutela come il trattamento di malattia, la maternità, la possibilità di avere un equo compenso e che questo non venga poi dimezzato da un eccessivo carico fiscale e contributivo. Sarà che i giovani oggi sono in gran parte esclusi dal pieno godimento dei diritti riservati solo a una parte dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, ma a scaldarli non è l’ennesimo dibattito sull’articolo 18.«Lo trovo davvero surreale. Ci sono 3mila casi all’anno di licenziamenti senza giusta causa che finiscono con il reintegro del lavoratore, mentre nello stesso tempo abbiamo 3 milioni e 600mila lavoratori a partita Iva o con contratto di collaborazione, che non solo non godono del diritto al reintegro, ma sono penalizzati in tutto», commenta Andrea Dili, portavoce di "Alta partecipazione", un cartello di associazioni giovanili vicino al Pd. Lavoratori "atipici" e professionisti che chiedono, invano, attenzione. «Avevamo presentato diverse proposte per dare a questi "imprenditori di se stessi" tutele di base come la maternità, il trattamento di malattia, un minimo di ammortizzatori sociali. Avevamo chiesto soprattutto di rimettere mano al prelievo previdenziale del 27% (destinato ancora a crescere nel 2015) che grava interamente sui lavoratori. Ma tutti gli emendamenti a questo riguardo sono stati bocciati con parere negativo del governo. Il Jobs Act per noi non "cambia verso" per nulla. E nessuno si mobilita per questo», lamenta Dili.Priorità simili anche per Matteo Bracciali, responsabile nazionale dei giovani delle Acli. «Il percorso disegnato dal Jobs Act sembra andare nella direzione giusta, ma prima di discutere e di scontrarsi sulla questione "posticcia" dell’articolo 18 ci piacerebbe che si discutesse di tutti quegli altri diritti che, di fatto, oggi vengono negati a tanti giovani (e non solo). Parlo del diritto ad avere un lavoro dignitoso, a creare una famiglia, alla maternità, a un salario equo. Si può anche superare il reintegro come previsto dall’articolo 18, ma all’interno di un nuovo Statuto più chiaro e che dia tutele reali e nuove a tutti».«Un dibattito ancora centrato solo sull’articolo 18 è fuori dal mondo – commenta a sua volta Giovanni Gut, presidente nazionale del giovani del Movimento cristiano lavoratori –. Da molto tempo sosteniamo la necessità di passare dal vecchio "Statuto dei lavoratori" a un nuovo "Statuto dei lavori", così come l’aveva pensato già 15 anni fa Marco Biagi. Ma soprattutto occorre un cambio di mentalità: puntando gli interventi sulla persona, dando vita a un sistema di politiche attive per il lavoro, a una rete di servizi, pubblici e privati insieme, davvero efficiente». Non è solo una questione di risorse, ricorda Gut, facendo l’esempio della Garanzia giovani che non sta funzionando nonostante gli 1,5 miliardi di euro di finanziamento. «Il problema oggi non è certo il reintegro, addirittura la priorità non è più neppure la precarietà come negli anni scorsi. Oggi l’emergenza assoluta da affrontare è quella dell’esclusione, di chi un lavoro rischia di non averlo mai. È quella dei 2,2 milioni di giovani che non lavorano né studiano né sono in formazione, che se non rimettiamo in attività oggi, resteranno ai margini della società per sempre. Ecco ciò di cui vorrei che si discutesse in maniera prioritaria – conclude Gut –. Non dei licenziamenti».
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