mercoledì 1 ottobre 2014
Per i lavoratori italiani più che lo scontro sull'articolo 18 conta il fatto che gli imprenditori siano "persone moralmente sensibili". E la politica impari da Francesco ad "abbracciare i lebbrosi" di oggi.
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L'articolo 18? «Riguarda il mondo del lavoro, i lavoratori, ed essendo un tema straordinariamente importante ritengo non lo si possa affrontare sventolando bandiere, attraverso la contrapposizione, perché quella del "contro" è una categoria sterile, che alla fine potrebbe consegnarci, se solo frutto di compromesso, soluzioni a mezz'aria che non sono quelle che servono all'Italia, ai giovani, ai lavoratori». È il pensiero del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino espresso in occasione di un’iniziativa alla Camera per i 75 anni della proclamazione di san Francesco patrono d’Italia. Sgombrando il campo da equivoci strumentali dei giorni scorsi, Galantino ha chiarito che le sue valutazioni sull’articolo 18 e l’emergenza occupazionale nulla hanno a che vedere con presunte pagelle sul premier. «Il rispetto del lavoratore – ha spiegato Galantino – non può e non deve essere affidato unicamente a regole e regolamenti. Perché il datore di lavoro dev'essere prima di tutto una persona leale, che ama il bene comune, che rispetta davvero gli altri e la loro storia. Perché se non lo è, io penso che non esistano regole o leggi che tengano». «Ma vi siete resi contro – ha poi chiesto il vescovo – di quanti datori di lavoro, per licenziare al di là o al di fuori dell'articolo 18, si inventano fallimenti per mettere sulla strada la gente? Il problema non è solo la legge, l'articolo 18: è anche la formazione seria degli imprenditori, e cioè che siano veramente persone moralmente sensibili. Perché se non si è sensibili al bisogno dell'altro, questa gente troverà il modo purtroppo di mettere sotto i piedi la gente, articolo 18 o non articolo 18. Mentre conosco tantissimi imprenditori, la stragrande maggioranza, che questa preoccupazione ce l'hanno. Per cui dobbiamo enfatizzare quello che di bello fanno questi». Parlando poi della moralità della politica, Galantino ha detto che «al pari di quello che fece Francesco d'Assisi, se anche noi, se anche i deputati e i senatori, abbracciassero anche loro qualche lebbroso, cioè qualche realtà vera, purulenta, pure faticosa, e ce ne sono tantissime, secondo me cambierebbero anche le agende politiche. Ho l'impressione che san Francesco abbia da dire molto a noi non perché abbia da indicarci delle ricette economiche, ma soprattutto perché ha da consegnarci una ricetta di umanesimo pieno, riuscito. Guardando ad alcuni tratti della vita di Francesco, questo suo essere uomo aperto, inclusivo, riuscito, penso che richiami ciascuno di noi a chiedersi veramente se sta facendo di sé un uomo serio, coerente, o un uomo che vende chiacchiere». Francesco, ha fatto notare il segretario del nostro episcopato, «a partire dal contato del lebbroso, che può essere la cifra di lettura di tutte le povertà di oggi, cambia addirittura la sua agenda personale. E questo potrebbe anche dire a noi che ci troviamo in un posto in cui la politica vive e serve». Purtroppo, ha fatto notare il segretario del nostro episcopato, «probabilmente il bene comune non è in cima agli interessi di tutti. Mi auguro che questa difficoltà di intesa e di accordo dipenda dal fatto che si voglia tutti servire con intensità il bene comune. Qualche volta, come cittadino comune ho il dubbio che non sia così».

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